Carissimi,
nel Nuovo Dizionario Biblico di René Pache, alla voce Nazaret, oltre a dire che era un piccolo centro della Galilea dove viveva Maria la madre di Gesù e dove Egli venne concepito per opera dello Spirito Santo, si annota che etimologicamente il termine nazaret si può tradurre anche con “fiore o virgulto”. Probabilmente già nel XVII secolo questa particolarità era nota in quanto Francesco di Sales commenta:
“E’ certamente ragionevole che gli uomini prendano il nome dal luogo di nascita e non da quello del loro concepimento…ma Nostro Signore prese a buon diritto il nome dal luogo del suo concepimento, perché da quell’istante era stato uomo perfetto”. Inoltre, come dicevamo, nazaret è il virgulto cui fa riferimento il profeta Isaia (11,1) e “Nostro Signore è il fiore per eccellenza”. Egli, prosegue il Nostro, è come un fiore che, col suo profumo, attrae a sé e quel profumo è il suo esempio. Come cristiani siamo chiamati ad imitare il Salvatore non soltanto nelle sue virtù, ma anche nelle afflizioni e nella sofferenza e “benché Nostro Signore fosse circondato da croci, da spine e da ogni sorta di tormenti nella sua passione e morte e in tutto l’arco della sua vita, non cessava di diffondere in continuazione un profumo di soavità”. Tale completa adesione al Cristo ci riporta alla mente la figura del beato Carlo Acutis, un giovane dei nostri tempi, vissuto a cavallo tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo, con un profondo senso religioso che, oltre ad avere gli interessi tipici di un adolescente (era esperto di informatica), era devotissimo della SS. Eucarestia e si adoperava ad aiutare chiunque incontrasse, tanto da essere da molti definito come “il Frassati milanese”. Colpito all’età di quindici anni da leucemia fulminante, anche sul letto di morte non ha cessato di consolare i suoi genitori e i suoi amici. Carlo sarà canonizzato durante il Giubileo probabilmente insieme a Piergiorgio Frassati stroncato, anche lui molto giovane (24 anni) da una meningite virale contratta con molta probabilità in una delle sue numerose e frequenti visite ai più poveri della città di Torino. Come si può ben capire quelle croci e quelle spine che hanno segnato la vita terrena del Cristo, continuano a segnare, anche oggi, la vita di coloro che vogliono seguire la strada tracciata da Lui. Non perdiamoci, dunque, d’animo quando la sofferenza fa capolino nella nostra vita, ma chiediamo a Dio di darci la forza di accettarla con amore.
Preghiamo con le parole del beato Carlo Acutis che diceva: «Signore, sono felice di morire, perché ho vissuto la mia vita senza perdere alcun minuto in cose che non piacciono a te».
Chiediamo, oggi, al Signore il dono della perseveranza soprattutto nelle difficoltà. Buona giornata,
PG&PGR