Il Cuore di San Francesco di Sales

Di seguito riportiamo il racconto storico di come il cuore di san Francesco di Sales sia arrivato dalla Francia a Treviso.

Il 17 novembre 1789 il nuovo governo francese, nato dalla Rivoluzione Francese in quell’anno, impose la sospensione dei voti religiosi di obbedienza, di povertà e di castità in base ai principi di libertà propugnati dalle nuove idee rivoluzionarie. Le Suore dovettero molto spesso subire, in quel periodo, frequenti e tragici interrogatori da parte dei rivoluzionari che pretendevano di appropriarsi di tutti i beni del Monastero ed imporre nuove leggi contrarie alla vita religiosa.

La situazione peggiorò nel 1792 quando il governo impose “l’esportazione dei preti e la vendita dei monasteri”. Molti sacerdoti e religiosi furono imprigionati in una “galea” ancorata al largo di Bordeaux e morirono di fame o per malattia, Si requisirono molti beni anche nel Monastero di Bellecour e la chiesa divenne deposito per “botti di aceto”. I rivoluzionari pretesero anche il reliquiario e il cuore di S. Francesco, ma la Madre Superiora, con fermezza e scaltrezza riuscì a conservare il cuore del Santo.

Nel febbraio del 1793, essendo diventato troppo pericoloso continuare a vivere in Francia, la Comunità di Suore decise di oltrepassare le Alpi ed andare a vivere a Mantova dove il governo “lombardo-austriaco” aveva messo a disposizione delle Monache un “monastero veramente magnifico”.

In partenza da Lione la “comunità si divise” in vari gruppetti per poter più facilmente passare inosservata ai posti di blocco istituiti dai francesi per impedire ai religiosi di fuggire all’estero.

E transitando per zone montuose a piedi o in carrozza, in mezzo alla neve e sotto la pioggia, per strade pericolose, vestite da cameriere, da dame, da donne del popolo e utilizzando tutti gli stratagemmi possibili riuscirono ad arrivare sane e salve a Mantova.

L’ultimo gruppetto di monache, ad un posto di blocco, si trovò improvvisamente circondato da “una quarantina di uomini che cercavano in tutti i modi di scoprire chi fossero. Nondimeno furono lasciate passare…”.  Ma è a questo momento che valicato il confine con la Svizzera e ormai al sicuro “dopo parecchie ore di altro cammino arrivò” una donna “ansante… e facendosi incontro alle Suore disse loro: ora che i pericoli sono  tutti cessati vi scoprirò il gran segreto: porto con me il vostro tesoro, il cuore del Santo Fondatore; eccolo!”

E la signora, che aveva avuto in affidamento in gran segreto a Lione dalla Madre Superiora e conservato fino a quel momento il cuore di San Francesco di Sales, consegnò commossa la Santa reliquia alle Suore.

DA  MANTOVA  A  VENEZIA

Ma a Mantova la “felice installazione del nuovo monastero, compiutasi con tanta solennità, l’educandato fiorente fin dall’inizio, la protezione efficace della Casa d’Austria, secondata dalla generosità della popolazione, che andava a gara per tributare alle avventurate ospiti gli attestati della più sincera benevolenza…” non poté durare a lungo.

Nel 1796 per sfuggire all’esercito di Napoleone che avanzava nel nord Italia si videro costrette, a causa della loro idee e della nazionalità francese, a trovare rifugio verso l’Austria.

Rimasero per un periodo a Klagenfurt quindi, sempre sotto il terrore del “rombo del cannone”  il 14 marzo 1801 “la comunità di Bellecour entrava a Vienna, accolta con festa indicibile”.

Ma la Provvidenza, evidentemente, aveva dei piani differenti da quelli progettati dall’Imperatore austriaco che voleva le nostre Suore a Vienna.

Dopo una lunga riflessione si decise di trovare una sistemazione che si ritenevano definitiva e migliore, cioè di lasciare Vienna ed approdare a Venezia, la città dei “Dogi”. Fecero il viaggio verso Venezia in carrozza, passando per Villac, Pordenone, Conegliano.

In maggio, arrivate nei pressi di Treviso, furono invitate da “un’educanda delle Visitandine di Vienna” a pernottare in città presso “le Domenicane di San Paolo…”. Ma la loro presenza in città era di tale onore che i “signori del governo di Treviso si opposero con la maggior insistenza” che partissero e “per obbligarle a fermarsi congedarono le vetture (le carrozze), impegnandosi di provvedere a proprie spese per il viaggio sino a Mestre…”.

Il Vescovo durante la permanenza delle Suore a Treviso fece esporre nella chiesa di quel convento il ”cuore del Santo”.

“…Giunte a Mestre le nostre Suore montarono in quattro grandi barche, dette volgarmente “peote”. Il tragitto fu per queste care figlie un incanto… I peotieri le portarono all’Isola della Giudecca per la via del Canal Grande… Così l’11 maggio 1801 aveva termine la lunga serie di avventure, di dolori, di spaventi che bersagliarono in modo veramente crudele queste figlie benedette”.

All’Isola della Giudecca rimasero solo poco tempo dal momento che il Convento di S. Giacomo, dove il governo austriaco aveva deciso di farle risiedere, “presentava un aspetto in verità miserrimo… tutto era in rovina”.

Con “l’assenso della corte di Vienna il 30 luglio le nostre Visitandine presero possesso definitivamente del nuovo monastero di S. Giuseppe” di Castello.

Anche qui si aprì un educandato per “giovanette”.

Durante le guerre degli anni 1848 e 1859 il Monastero, vista la sua “ubicazione che lo esponeva al bersaglio dei cannoni”, rimase in continuo pericolo di distruzione e nel 1866 il “Governo subalpino promulgò l’iniqua legge di soppressione” degli Ordini religiosi.

DA  VENEZIA  A  TREVISO

Il 24 novembre 1894 venne nominato Patriarca di Venezia il Cardinale Giuseppe Sarto che era nato il 5 aprile 1814 a Riese (ora il paese è denominato“Riese Pio X”) nel trevigiano.

Appena giunto a Venezia il Cardinale Sarto volle manifestare “la sua predilezione al monastero visitandino riservando a sé l’ufficio di padre spirituale”.

Prese a cuore, però, anche la sopravvivenza del Monastero stesso dal momento che lo stato ne aveva deciso la soppressione.

Alla morte del Papa Leone XIII il Cardinale Sarto si recò a Roma per l’elezione del nuovo Papa. Il Conclave, che è l’organo composto dai cardinali delegati preposto ad eleggere il Papa, designò come successore di Papa Leone il Patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, che prese il nome di Pio X, era l’anno 1903.

Anche da Roma Papa Sarto si interessò del Monastero di Venezia ormai prossimo ad essere requisito e nel 1908, tramite sacerdoti di Treviso, fece acquistare un terreno, detto alle “Corti”, “in parrocchia di S. Maria del Rovere. Ciò fu proprio voluto e quasi comandato da questo grande Pontefice”. Il Papa stesso chiese in suo manoscritto che si fabbricasse “subito tranquillamente il Monastero”.

Papa Sarto era vissuto per un periodo nel seminario di Treviso e conosceva certamente le denominazioni delle zone della città e, quindi, anche quella chiamata “alle Corti“. Inoltre, sapeva che una parte delle Corti un tempo era detta anche “alle mòneghe“, un termine dialettale che significa “suore“. Che ci sai stato, da parte del Papa, quindi, una scelta voluta il far erigere il convento delle Visitandine di Treviso nel luogo detto “alle mòneghe” e “alle corti”, in riferimento “alle suore” e “alla Corte” francese?

Il 14 gennaio 1909 venne stipulato il contratto d’acquisto del terreno e “in agosto fu posta la prima pietra… L’imprenditore e capomastro Giuseppe Conte” iniziò quasi subito i lavori.

E finalmente il 26 marzo 1913 le prime Suore poterono entrare nel nuovo Monastero di Clausura alle Corti. Ultima a giungere alla nuova casa fu la “nostra Madre che aveva varcato i confini del monastero stringendo al cuore il cuore del nostro santo Fondatore, che non poteva uscire dalle sue mani”.

Ad accoglierle con fede ed affetto trovarono Mons. G. Longhin, il Vescovo di Treviso.

La lunga storia di tre secoli di peregrinazioni era giunta al termine!

Le notizie sopra riportate sono tratte dal commovente testo storico scritto da Mons. G. LONGHIN, Il secondo Monastero della Visitazione, T. E. T., 1985, che è reperibile presso la portineria del Monastero delle Visistandine di Treviso, Via Mandruzzato.