Carissimi,
mentre continuiamo ad inebriarci di buon…latte fresco e nutriente, diamo inizio al terzo capitolo nel quale il de Sales ci dice come “La santa compiacenza dà il nostro cuore a Dio e ci fa provare un desiderio continuo nella gioia”. Dice: “L’amore che portiamo a Dio trae la sua origine dalla prima compiacenza che il nostro cuore prova appena avverte la divina bontà, quando comincia a tendere verso di lei”.
Riflettendoci bene, anche l’amore verso le creature nasce, in qualche modo, seguendo lo stesso “itinerario”: la conoscenza, l’apprezzamento, il piacere di stare insieme, ecc. Mentre, però, nell’amore umano ognuno conserva le proprie caratteristiche, l’amore di Dio ci trasforma profondamente in quanto “attiriamo nel nostro cuore le perfezioni divine, e godiamo della divina bontà per mezzo della gioia che ne ricaviamo, vivendo quel primo momento della felicità d’amore che la sposa (nel Cantico dei Cantici 2,16) esprime dicendo «Il mio diletto è mio»”. In verità l’odierna traduzione di questo versetto dice «Il mio diletto è per me ed io per lui» che riassume tutto il Cantico. Qualche autore si spinge a dire che in questa espressione è condensata l’intera Bibbia e ciò che dice San Paolo nella Prima lettera ai Corinti “voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”(3,23), sembra proprio affermare questa doppia appartenenza. Continua infatti il Nostro: “Ma poiché questo compiacimento amoroso, pur essendo in noi che lo sperimentiamo, non cessa di essere in Dio, da cui lo riceviamo, ci dona reciprocamente alla bontà divina, cosicché per mezzo di questo santo amore di compiacenza godiamo dei beni che sono in Dio come se fossero nostri; ma siccome le perfezioni divine superano le forze del nostro spirito, avviene che quando vi entrano, a loro volta se ne impossessano: per questo diciamo che mediante una tale compiacenza non solo Dio è nostro, ma noi siamo di Dio”. Una ulteriore conferma possiamo riscontrarla nella Prima lettera di San Giovanni (3,24): «Chi osserva i suoi comandamenti dimore in Dio ed Egli in lui». Francesco, per assicurarsi di aver espresso in modo comprensibile questo concetto, senza badare troppo alla verità scientifica, chiama in causa il vecchio Plinio che parla di una strana erba la cui radice, anche a distanza, se è in presenza del fuoco, comincia ad ardere. Chissà dove Plinio trova tale notizia, ma sembra sia confermata anche da Pitagora. Comunque, ed è quello che ci interessa, l’Autore dice: “Similmente il nostro cuore, postosi alla presenza della divina bontà ed avendone attirato le perfezioni con la compiacenza che prova in essa, può veramente dire: la bontà di Dio è tutta mia, giacché godo delle sue prerogative, ed io sono tutto suo, perché le sue gioie mi possiedono”. Questo amore di compiacenza che Dio mette nel nostro cuore, autorizza il de Sales, e anche noi, ad affermare, quasi con sfrontatezza: “La compiacenza ci rende possessori di Dio, attirando in noi le sue perfezioni, e ci rende anche possesso di Dio, perché ci unisce e ci fa aderire alle sue perfezioni”. Vi sembra esagerato? Ma Dio, in quanto all’amore per i suoi figli, è sempre paternamente esagerato!
Preghiamo
O Dio, nostro Padre, che nella celebrazione della Quaresima ci fai pregustare la gioia della Pasqua, donaci di contemplare e vivere i misteri della redenzione per godere la pienezza dei suoi frutti. Amen
Se Dio è nostro e noi siamo suoi, custodiamo gelosamente questa “proprietà” ma, nel contempo, rendiamola…pubblica. Buona giornata e buona domenica,
PG&PGR