Carissimi,
senza indugio, affrontiamo la prima parte del quinto capitolo che, probabilmente, ci farà “sospirare”. Perché? Ecco il titolo: “Come la felicità di morire nella divina carità sia un dono speciale di Dio”. Avete sospirato su quel “morire”? Noi sì, ma ci è di conforto il come: “nella carità divina”. L’uomo, credente o non credente, sa bene che quel momento arriverà per tutti, ma i credenti hanno “una marcia in più”, non per allungare il proprio pellegrinaggio terreno, ma per terminarlo in Dio. La tradizione cristiana pullula di preghiere e giaculatorie per chiedere una morte santa e la più conosciuta è quella inserita nella seconda parte dell’Ave Maria: “…prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”. Francesco inizia col dire che “Il Re celeste, dopo aver guidato l’anima amata fino al termine di questa vita, l’assiste anche nel felice passaggio, con il quale la conduce nel letto nuziale della gloria eterna, che è il frutto delizioso della santa perseveranza”. Chiediamoci cosa potremmo fare da soli per meritare la vita eterna se il Signore, soprattutto nei momenti difficili della vita, non ci stesse vicino col Suo Spirito dando maggior vigore alla nostra perseveranza? Egli, che ci conosce fin dall’eternità, attraverso la sua provvidenza “ha stabilito il numero, la distinzione e la successione delle grazie necessarie allo scopo, e la dipendenza che hanno le une dalle altre”. Inoltre il de Sales ci assicura che Dio “per prima cosa ha voluto, con un atto di vera volontà, che anche dopo il peccato di Adamo tutti gli uomini fossero salvati; ma in modo e con i mezzi convenienti alla loro natura dotata di libero arbitrio”. Dio, da sempre, ha voluto la salvezza per tutti coloro che, liberamente, danno il proprio consenso all’azione della grazia rispondendo alla vocazione a sentirsi Suoi figli, vocazione “talmente adatta alla nostra libertà, da poterla accettare o respingerla a nostro piacimento”. Il de Sales, ve ne sarete certamente accorti, insiste molto sulla libertà dell’uomo e tale insistenza è motivata dall’opposizione alla tesi protestante della predestinazione e quello che vuole mettere in risalto è la “prescienza” di Dio e cioè la conoscenza che Egli ha degli eventi a venire. Infatti dice: A coloro che previde l’avrebbero accettata, volle concedere i santi movimenti della penitenza; a coloro che avessero assecondato tali movimenti, decise di concedere la santa carità; e a coloro che avessero avuto la carità, decise di dare gli aiuti necessari per perseverare; e a coloro che avessero usato quegli aiuti divini, decise di dare la perseveranza finale e la felicità glorioso del suo eterno amore”. Per capire meglio pensiamo ad un albero: il frutto è la gloria, la redenzione operata dal Salvatore è la radice. Ma, come avviene per un albero, dalla Radice al frutto, vi sono diverse fasi, diversi passaggi: “La divina bontà, infatti, dà la gloria in seguito ai meriti, i meriti in seguito alla carità, la carità a seguito della penitenza, la penitenza a seguito dell’obbedienza alla vocazione e la vocazione a seguito della redenzione del Salvatore”. L’Autore fa riferimento alla “scala di Giacobbe” (Cfr. Gen 28,12) che, partendo dalla terra e cioè dall’opera della Redenzione, raggiunge il cielo terminando “nel seno amorevole” di Dio. Vogliamo salirli anche noi quei gradini?
Preghiamo dicendo semplicemente, Signore aiutaci ad essere Tuoi. Amen
Il Signore ci dia una spinta, oggi e sempre, per salire quei gradini. Buona giornata e buona domenica,
PG&PGR