29 Dicembre 2022: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

si dice che la perfezione non sia di questo mondo…Beh, fatte le dovute eccezioni, questo è vero, nonostante la nostra buona volontà. Anche Francesco di Sales sembra proprio essere d’accordo in questo e infatti, nel capitolo diciassettesimo ci dice “Come l’amore di speranza sia molto buono benché imperfetto”. In apertura afferma che “l’amore praticato nella speranza, Teotimo, va certamente a Dio, ma poi ritorna a noi. Volge lo sguardo alla bontà divina, ma guarda pure la propria utilità; aspira alla suprema perfezione, ma cerca la nostra soddisfazione; cioè, non ci porta a Dio in quanto è il sommo bene in se stesso, ma in quanto è infinitamente buono verso di noi; in questo, come vedi, c’è del nostro e di noi stessi; quest’amore però è vero amore, ma amore di concupiscenza ed interessato”. Per non essere frainteso si affretta ad aggiungere che non intende dire che viviamo l’amore di Dio solo per tornaconto: questo, dice, sarebbe un grave peccato: illuderci di amare Dio amando soprattutto noi stessi. C’è molta differenza tra due espressioni molto simili: “amo Dio per il bene che ne aspetto”  e “amo Dio solo per il bene che ne aspetto”. Quell’avverbio di quantità “solo” cambia completamente il senso della frase. Anche l’amore tra esseri umani, tra innamorati o tra amici non sarebbe vero amore, vero affetto, se questo sentimento scaturisse dall’amore per se stessi. Il Salesio continua col dire che amare Dio per amore di se stessi “è come se uno dicesse: l’amore che ho per me è il fine per cui amo Dio, di modo che l’amore di Dio sia dipendente, subalterno e inferiore all’amor proprio che abbiamo per noi stessi; questa è empietà senza pari”. Leggendo le opere del de Sales si potrebbe rimanere stupiti accorgendosi che, a volte, uno stesso termine può assumere ora significati negativi, ora positivi. E’ il caso del termine “concupiscenza”. Etimologicamente deriva dal latino “concupere” che significa desiderare intensamente. Ma cosa? E’ l’oggetto del desiderio che determina se “concupire” sia un bene o un male. Nel caso presente, spiega Francesco, l’amore che scaturisce dalla speranza, anche se imperfetto, “è un amore di concupiscenza, ma di una santa e ben ordinata concupiscenza, per la quale non tiriamo Dio verso di noi o verso la nostra utilità, ma ci uniamo a Lui come alla nostra ultima felicità…noi amiamo contemporaneamente noi stessi con Dio, ma non preferendoci o mettendoci alla pari con Lui”. L’amore per noi stessi si “si mescola con quello di Dio, ma quello di Dio resta sopra…il ruolo principale è tenuto da Dio”. Non pretendiamo, allora, il ruolo di protagonisti; accontentiamoci del ruolo che il Signore ci assegna.

Oggi la liturgia celebra due santi di epoche completamente diverse: il re Davide, vissuto circa mille anni prima di Cristo, e San Tommaso Beckett (1118-1170): uomini di potere che, nonostante le umane imperfezioni, hanno saputo riporre in Dio tutte le loro speranze. E per non far torto a nessuno dei due…

preghiamo con la liturgia del quinto giorno dell’ottava di Natale

Onnipotente e invisibile Dio, che nella venuta del Cristo, vera luce,
hai vinto le tenebre del mondo, volgiti a noi con sguardo sereno,
perché possiamo celebrare con lode unanime la nascita gloriosa del tuo unico Figlio. Amen

Ed oggi lasciamoci concupire dall’amore di Dio e del prossimo. Buona giornata,

PG&PGR