Carissimi,
riprendiamo la domanda con la quale ci siamo lasciati ieri: perché noi non riusciamo ad aprire completamente il cuore all’amore di Dio come hanno fatto tanti santi? Francesco di Sales, citandone alcuni quali Sant’Agostino, San Francesco di Assisi, Santa Caterina da Genova, Santa Francesca Romana (e noi potremmo aggiungere Sant’Ambrogio, il grande vescovo di Milano del quale oggi ricorre la memoria), azzarda la seguente risposta: “Perché Dio non ce ne ha fatto la grazia”. E questa apre la strada ad una serie di “perché”. Possiamo pensare ai bambini che, verso i tre anni, cominciano ad acquisire maggiore consapevolezza del mondo che li circonda: è l’età degli innumerevoli, e a volte imbarazzanti, perché. Riprendendo la risposta precedente, inizia un immaginario dialogo con Teotimo, cioè noi, e vale la pena di leggerne il testo: “Ma perché non ce la fece (questa grazia)? Perché non abbiamo corrisposto, com’era nostro dovere, alle sue ispirazioni. E perché non abbiamo corrisposto? Perché, essendo liberi, abbiamo abusato della nostra libertà. Ma perché abbiamo abusato della nostra libertà?” E avrebbe potuto continuare…ma lui stesso interrompe questo sorta di “botta e risposta” in quanto non sempre è possibile dare una risposta ai tanti perché che l’uomo si pone ma, forse, qualche risposta potrebbe essere data riflettendo sull’umiltà, virtù che non deve mai farci perdere la coscienza di essere peccatori. Il Nostro, a tale proposito, cita le “Cronaca dei Frati Minori” nella quale si narra che “il devoto frate Rufino, in seguito alla visione avuta della gloria riservata al grande San Francesco per la sua umiltà, gli rivolse questa domanda: «ti supplico, caro Padre, di dirmi, con tutta verità, quale opinione hai di te stesso». E il santo gli rispose: «Mi stimo il maggior peccatore del mondo e colui che serve di meno il Signore». «Ma — replicò frate Rufino — come puoi dire questo con verità e coscienza, quando molti altri, come è facilmente osservabile, commettono grandi peccati, dai quali tu, per grazia di Dio, sei esente?» Rispose allora san Francesco: «Se Dio avesse concesso a questi altri, di cui parliamo, la grande misericordia usata verso di me, essi, ne sono certo, per quanto ora siano cattivi, sarebbero stati ben più riconoscenti ai doni di Dio di quanto lo sono io, e lo servirebbero molto meglio di me; se poi Dio mi abbandonasse, commetterei più peccati di tutti gli altri»”. Il santo di Assisi, commenta il Nostro, parlava così di se stesso per umiltà ed essendo “nutrito alla scuola del Crocifisso, non respirava che le divine ispirazioni”. Quella risposta, data al buon frate Rufino, ha fatto scuola a tanti santi, Francesco di Sales compreso. Dopo tre secoli circa, Santa Teresa d’Avila, probabilmente influenzata dal pensiero francescano, nel “Libro della mia vita” scriverà che pochi sono coloro che raggiungono un alto stato di perfezione, ma questo non per colpa di Dio in quanto Egli ci dà la grazia per giungere fino a quel punto “e ce ne darebbe ancora di più se non fosse per colpa nostra e per l’impedimento che vi mettiamo noi stessi”. Il capitolo si conclude con una raccomandazione che il Salesio rivolge a se stesso e a tutti noi: “Stiamo dunque attenti, Teotimo, a progredire nell’amor di Dio, poiché l’amore che egli porta a noi non ci verrà mai meno”.
Preghiamo con le parole della liturgia odierna
O Dio, che nel vescovo sant’Ambrogio ci hai dato un insigne maestro della fede cattolica e un esempio di apostolica fortezza, suscita nella Chiesa uomini secondo il Tuo cuore, che la guidino con coraggio e sapienza. Amen
P.S. Domani celebreremo la Solennità dell’Immacolata Concezione. Alla Santissima Vergine raccomandiamo noi e ognuno di voi, le vostre famiglie e tutte le nostre comunità parrocchiali e religiose: mettiamoci alla sua scuola. Buona festa dell’Immacolata,
PG&PGR
N.B. Riprenderemo i nostri “dialoghi” lunedì 12 con il dodicesimo capitolo.