12 Ottobre 2022: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

probabilmente avrete sentito parlare di ciò che in teologia si chiama “estasi”, cioè quello stato che porta l’animo ad elevarsi verso Dio, a “sintonizzarsi” con Lui, in modo così profondo tanto da “estraniarsi”, attraverso una profonda preghiera, dal mondo che lo circonda. E’ l’esperienza che molti mistici hanno fatto, ma attenzione: molti di essi, pur vivendo esperienze estatiche profonde, hanno saputo poi tenere “i piedi per terra”. Santa Caterina da Siena ce ne dà la conferma: nonostante le sue “estasi”, il suo continuo contatto con Dio, è stata in grado di intervenire in modo deciso non solo su temi riguardanti la vita religiosa, ma anche quella sociale affrontando problemi morali e politici. E pensare che era quasi analfabeta! Fu lei l’artefice del ritorno a Roma del Papa, rifugiato ad Avignone, in Francia. Francesco di Sales, affrontando anche questo argomento, cita gli antichi filosofi che ammettevano “due generi di estasi: una che ci solleva sopra di noi, l’altra che ci deprime sotto di noi, come se avessero voluto dire che l’uomo è di una natura intermedia tra gli angeli e gli animali, partecipando della natura angelica per la parte intellettuale, e dell’animale per la parte sensitiva”. Non ci addentriamo troppo in questo intricato discorso, ma ci limitiamo a dire che in ognuno di noi c’è una sorta di “lotta continua” tra l’essere attratti dal “colloquio” con Dio e l’essere tentati dalle cose terrene. Caterina ha saputo coniugare in modo stupefacente queste tendenze attingendo dalla prima quella forza spirituale che le faceva affrontare le altre con coraggio e sapienza. Per farsi meglio comprendere, il de Sales menziona il capitolo quinto del Secondo Libro dei Re e ciò che accadde dopo che il Profeta Eliseo aveva risanato un lebbroso, Naaman il siro. Interessanti sono i versetti 20-27 che vi invitiamo a rileggere. Il Nostro, spingendosi un po’ oltre e volendo salvaguardare la dignità di quello che chiama “amore superiore”, dichiara: “Ora, io dico che, quando l’anima pratica l’amore tramite azioni sensuali che la portano più in basso della propria condizione naturale, è impossibile che non indebolisca fortemente la possibilità dell’amore superiore; per cui, invece di sostenere e conservare l’autentico amore essenziale, l’unione frutto dell’amore sensuale lo indebolisce”. In parole più semplici possiamo dire che l’Amore vero trova la sua origine in Dio che lo affida, come dono, alle mani dell’uomo; è dunque quest’ultimo che, in ultima analisi, deve imparare a gestirlo bene in modo che la parte sensibile (sensuale) non indebolisca quella spirituale. L’Amore nasce in Dio e a Lui deve tornare.

Preghiamo

Aiutaci, Signore, a vivere al meglio delle nostre possibilità il grande dono dell’amore e non permettere che le passioni umane lo soffochino. Amen

Riflettiamo, oggi, su come gestiamo i doni di Dio. Buona giornata,

PG&PGR