10 Marzo 2022: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

tutto il discorso fatto finora non deve farci pensare che il dedicarsi allo studio e all’approfondimento di certi temi relativi alla fede porti sempre ad un più o meno palese gnosticismo. Ricordiamo l’affermazione finale del numero 45: “Teologia e santità sono un binomio inscindibile”. Questo è dimostrato dal fatto che la Chiesa, fin dai primi secoli, si è sempre avvalsa di menti illuminate che hanno contribuito, per tutti, ad una maggiore “familiarità” col mistero di Dio. Tra il terzo e il quarto secolo troviamo “calibri” della portata di San Girolamo, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Basilio Magno ed altri definiti Padri o Dottori della Chiesa. Il secondo millennio dell’era cristiana si presenta con le figure di San Bonaventura, Sant’Antonio di Padova e San Tommaso d’Aquino fino ad arrivare, tra il sedicesimo e diciassettesimo secolo, a San Roberto Bellarmino e…San Francesco di Sales. Tra questi “colossi” si devono annoverare anche figure femminili quali Santa Teresa d’Avila, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa di Lisieux e Santa Ildegarda di Bingen. Ebbene, nonostante la Chiesa abbia riconosciuto il titolo di “Dottori” a questi/e grandi pilastri, nessuno di loro ha anteposto la “conoscenza e la scienza” alla “sapienza del cuore”. Papa Francesco ricorda che“Quando san Francesco d’Assisi vedeva che alcuni dei suoi discepoli insegnavano la dottrina, volle evitare la tentazione dello gnosticismo. Quindi scrisse così a Sant’Antonio di Padova: «Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché, in tale occupazione, tu non estingua lo spirito di orazione e di devozione».Egli riconosceva la tentazione di trasformare l’esperienza cristiana in un insieme di elucubrazioni mentali che finiscono per allontanarci dalla freschezza del Vangelo”. La grandezza di tanti “dotti” santi sta proprio nell’aver saputo coniugare la “conoscenza” con la genuinità del Vangelo vissuto, senza cedere alla tentazione di sentirsi superiori agli altri. Citando poi San Bonaventura da Bagnoregio, aggiunge: “San Bonaventura, da parte sua, avvertiva che la vera saggezza cristiana non deve separarsi dalla misericordia verso il prossimo: «La più grande saggezza che possa esistere consiste nel dispensare fruttuosamente ciò che si possiede, e che si è ricevuto proprio perché fosse dispensato”. Essere testimoni e maestri vuol dire usare i doni intellettuali che si sono ricevuti, non per sentirsi dei “perfetti”, tanto meno per disprezzare le menti più “povere”, ma per condividerli, in tutta umiltà. “Per questo – continua il Papa sempre citando San Bonaventura – come la misericordia è amica della saggezza, così l’avarizia le è nemica». «Vi sono attività che, unendosi alla contemplazione, non la impediscono, bensì la favoriscono, come le opere di misericordia e di pietà»”.[46] E’ interessante e bella questa intuizione del mettere in relazione la conoscenza e la sapienza con le opere di misericordia; opere che dobbiamo sempre tenere presenti nelle nostre attività quotidiane.

Preghiamo

Signore, tutto ciò che abbiamo, che siamo, tutto il nostro essere, proviene dalla Tua bontà. Aiutaci a non custodire egoisticamente questi doni, ma a condividerli con gli altri. Amen

E se oggi provassimo ad essere un po’ più amici della saggezza? Buona giornata,

PG&PGR