13 Ottobre 2021: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

“3. Oltre a ciò, la vedova, per essere veramente vedova, deve vivere staccata dalle gioie dei mondo e privarsene volontariamente. S. Paolo dice che la vedova che vive nelle delizie è già morta da viva. Pretendere di essere vedova e poi compiacersi di essere corteggiata, coperta di gentilezze, esaltata; pretendere di essere sempre presente ai balli, alle danze, ai festini; profumarsi, agghindarsi, far di tutto per essere piacente, vuoi dire essere vedova corporalmente viva, ma morta nell’anima. Che importanza vuoi che abbia il fatto che l’insegna inalberata per indicare la casa di Adone e dell’amor profano sia composta di piume bianche che si innalzano a guisa di pennacchio, oppure di un velo nero, steso con sapiente maestria come una rete sul volto? Anzi, spesso il nero dona anche più del bianco e mette in maggior risalto i colori. La donna che ha già esperienza di come piacere agli uomini, è più abile nel lanciare inviti pericolosi al loro spirito. La vedova che vive compiacendosi in queste futili vanità, pur vivendo, è morta; a voler chiamare le cose con il loro nome, è soltanto un fantasma di vedova. Il tempo di potare è venuto, nella nostra terra si è udito il tubare della tortora, dice il Cantico. Il taglio delle cose inutili di questo mondo è richiesto a chiunque voglia vivere devotamente; ma è assolutamente indispensabile alla vera vedova, che, come una casta tortora ha da poco smesso di piangere, gemere e lamentarsi per la morte del marito. Quando Noemi tornò da Moab a Betlemme, le donne della città che l’avevano conosciuta giovane sposa, dicevano tra loro: Non è costei Noemi? Ma essa rispondeva: Vi prego, non chiamatemi Noemi, perché Noemi significa graziosa e bella, ma chiamatemi Mara perché il Signore ha riempito il mio cuore di amarezza: parlava così perché le era morto il marito. Allo Stesso modo la vedova devota non ci tiene ad essere chiamata bella e graziosa; si accontenta di essere ciò che Dio vuole che ella sia, umile e abietta ai suoi occhi. Le lampade alimentate con olio aromatico emanano un profumo più gradevole quando si spegne la fiamma: similmente le vedove che hanno avuto un amore puro nel loro matrimonio, spandono il profumo della virtù di castità  più penetrante ancora quando si spegne la loro fiamma, ossia quando si è spento il marito con la morte. Amare il marito quand’è in vita, è cosa abituale tra le donne; ma amarlo tanto che dopo la morte non se ne accetti un altro, è un livello d’amore che appartiene soltanto alle vedove vere. Sperare in Dio, quando si ha l’appoggio del marito non è un fatto raro; ma sperare in Dio quando tale appoggio viene a mancare, e cosa meritevole di grande lode: questa è la ragione per la quale nella vedovanza si manifesta più facilmente la consistenza delle virtù presenti nel matrimonio.” (Continua)

A tutti buona giornata,

PG&PGR