Carissimi,
il giudizio temerario, secondo il catechismo di San Pio X del quale oggi ricorre la memoria, oltre ad essere una mancanza nei confronti del quinto comandamento, viene annoverato anche tra quelle contro l’ottavo comandamento che alla falsa testimonianza aggiunge la calunnia, la bugia, la detrazione o mormorazione, l’adulazione, il giudizio e il sospetto temerario.
Detto questo, affrontiamo oggi un’altra sezione del capitolo XXVIII dedicato ai giudizi temerari. Francesco annota che “molti si lasciano andare al giudizio temerario per il solo piacere di filosofeggiare e fare gli indovini sulle abitudini e i capricci della gente, quasi per esercitarsi! Che se poi, per disgrazia, qualche volta azzeccano i loro giudizi, l’audacia e la brama di andare avanti diventa tanto forte in essi, che solo a fatica si può riuscire a distoglierli.” Certamente può capitare che un giudizio su qualcuno, pur rientrando nella categoria “temeraria”, si dimostri reale, ma non per questo giustificato. Ciò che guida il giudizio è sempre il cuore: giudizi buoni su ciò che si ama e perfidi su ciò che non si ama. Può, però, esserci una eccezione capace di provocare guai seri e molto spesso irreparabili; il Nostro spiega: “Soltanto in un caso, sorprendente fin che si vuole, ma reale, l’eccesso di amore spinge ad emettere un giudizio negativo su ciò che si ama: come risultato è mostruoso, ma lo spieghi facilmente se pensi che viene da un amore equivoco, imperfetto, agitato, malato, che si chiama gelosia, che, come tutti sanno, per un semplice sguardo, per il minimo sorriso di questo mondo, condanna le persone accusandole di perfidia e di adulterio.” Purtroppo capita anche questo: quando si vuole gestire a proprio modo un rapporto di amore o di amicizia, si rischia di farli diventare opprimenti o, peggio ancora, ossessivi. Il de Sales continua col dire che sono diverse le debolezze dello spirito, quali il timore e l’ambizione che “contribuiscono alla formazione di sospetti e giudizi temerari”. Suggerisce quindi alcuni rimedi: “Coloro che bevono un estratto di un oppiaceo detto ofiusa, che cresce in Etiopia (ecco il solito Plinio il Vecchio con la sua Naturalis Historia), credono di vedere ovunque serpenti e altre cose orribili: coloro che hanno trangugiato orgoglio, invidia, ambizione, odio, vedono tutte le cose come cattive e riprovevoli; chi ha bevuto l’oppiaceo, se vuol guarire, deve bere vino di palma; la stessa cosa devono fare i viziosi di cui sopra. Bevi più che puoi il sacro vino della carità; ti libererai da quegli umori perversi che ti fanno dare giudizi temerari.” Solo facendo ricorso alla carità, all’amore del prossimo, all’accettazione dell’altro astenendosi dal giudizio, questo male dell’anima può essere allontanato. Per oggi preferiamo fermarci qui.
Preghiamo
Signore allontana da noi l’orgoglio, l’invidia, l’ambizione e, soprattutto, l’odio. Riempici, attraverso il Tuo Santo Spirito, di umiltà, di rispetto, di distacco dal nostro troppo amor proprio e rendici più aperti nella carità. Amen
Cerchiamo, oggi, di aiutare il Signore a rendere più vivo in noi ciò che abbiamo chiesto nella preghiera. Buona giornata,
PG&PGR