Carissimi,
il titolo che Francesco di Sales dà a questo lungo XXIII capitolo, sempre della Terza parte di Filotea e che oggi iniziamo, è “Gli esercizi della mortificazione esteriore”. Siamo sinceri, la parola “mortificazione” non ci piace troppo; sa di limitazione, rinuncia, privazione, penitenza…Ma ci renderemo ben presto conto di cosa intende Francesco di Sales e prima di “rinunciare”…! Andiamo dunque al testo che inizia con una citazione del trattato “De re rustica” (Sulle cose agricole) di un certo Rutilio Tauro Emiliano Palladio (IV sec. A.C.), una sorta di agronomo dell’epoca: “Coloro che si intendono di agricoltura e di coltivazione di alberi da frutta assicurano che se si incide una parola su una mandorla intatta e poi si rimette nel suo nocciolo, si richiude e si salda a perfezione, e si pianta, tutte le mandorle che produrrà l’albero che ne nascerà porteranno scritta la parola incisa nella mandorla piantata.” Mah! In tutta sincerità non sappiamo quanto questo sia scientificamente sostenibile oggi e lo stesso Francesco ci lascia nel vago servendosi, però, di questo argomento per fare una prima considerazione confortata da due passi dell’Antico Testamento (Gl 2,12-13 e Prov 23,26): “Non ho mai approvato il metodo di coloro che per riformare l’uomo cominciano dall’esterno: dal contegno, dall’abito, dai capelli. Mi sembra che si debba cominciare dal di dentro: Convertitevi a me con tutto il cuore, dice Dio. Figlio mio, dammi il tuo cuore; e questo perché è il cuore la sorgente delle azioni, per cui le azioni sono secondo il cuore.” Citando di seguito il suo “caro” Cantico dei Cantici (8,6), aggiunge: “Lo Sposo divino invita l’anima e le dice: Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio. E’ proprio vero perché chi ha Gesù nel cuore lo ha ben presto anche in tutte le azioni esteriori.” In fondo non accade la stessa cosa quando un giovane e una giovane si innamorano? Non fanno forse trasparire il loro sentimento anche attraverso degli atteggiamenti (leciti!!!) esteriori? Andiamo avanti. Il de Sales usava terminare i suoi scritti, compresa la Filotea, con una sorta di “timbro” manuale: V+J (Viva+Gesù) che, probabilmente aveva “ereditato” dai gesuiti di cui era stato allievo. Ma attenzione: quel “viva” con va inteso con un grido di “esultanza collettiva” , cioè una sorta di “hip hip hip urrà”; è semplicemente la terza persona singolare dell’imperativo del verbo vivere e, intendiamoci bene, non è un augurio che facciamo a Nostro Signore (non ne ha certamente bisogno!), ma a noi stessi: Gesù viva nei nostri cuori…e li trasformi da cuori di pietra in cuori di carne (Cfr. Ez 11,19). E a proposito di V+J scrive il Nostro: “Cara Filotea, prima di tutto, voglio incidere e scrivere nel tuo cuore questo santissimo Motto: VIVA GESU’; e sono sicuro che in seguito la tua vita, vero albero nato dal cuore, come il mandorlo dal nocciolo, produrrà tutte le azioni, ossia i suoi frutti, segnati dallo stesso motto della salvezza. Quel dolce Gesù, che sarà vivente nel tuo cuore, lo si vedrà nei tuoi occhi ‘ sulla tua bocca, nelle tue mani e persino dai tuoi capelli; e potrai dire sinceramente, sull’esempio di S. Paolo: Vivo sì, ma non più io; è Cristo che vive in me.(Gal 2,20) A dirla in breve, chi conquista il cuore e dell’uomo conquista tutto l’uomo.”
Oggi la Chiesa fa memoria dei Santi Gioacchino e Anna, genitori della Vergine Maria. Non conosciamo tanti Gioacchino, ma tante Anna, grandi e piccole, a Roma e oltre Po. A loro e a chi oggi aggiunge una “primavera” i nostri più cari auguri: possa il Signore essere sempre accolto nel vostro cuore.
Preghiamo con le parole che ci suggerisce la liturgia odierna
Dio dei nostri padri, che ai santi Gioacchino e Anna hai dato il privilegio di avere come figlia Maria, madre del Signore, per loro intercessione concedi ai tuoi fedeli di godere i beni della salvezza eterna. Amen
Ed oggi impegniamoci a fare, nei nostri cuori, un po’ più di posto al Signore Gesù. Buona giornata,
PG&PGR