Carissimi,
riprendiamo il discorso che sabato abbiamo lasciato in sospeso e chiediamo a Francesco di Sales di darci lumi sul cosa fare attenzione. Ci risponde: “Fa’ attenzione agli inganni dell’amor proprio; sa così bene scimmiottare l’amore di Dio, che a volte sembra proprio lui!” Bisogna, però, cercare di capire meglio che cosa egli intenda per amor proprio. Nel Vangelo di San Matteo (22, 37-39) leggiamo le parole di Gesù: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.» Il punto fondamentale dal quale è indispensabile partire è l’amore di Dio e l’amore del prossimo equiparato all’amore per se stessi. Ma il pericolo di cadere nell’equivoco e, anche inavvertitamente, nell’avarizia, è sempre in agguato. Francesco, prudentemente, ci dice che per impedire “che la cura dei beni temporali si tramuti in avarizia, oltre a quanto ti ho indicato nel capitolo precedente, dobbiamo molto spesso praticare una povertà reale ed effettiva, pur vivendo circondati da tutte le ricchezze che Dio ci ha dato.” E si spinge a dare un consiglio coraggioso per i … coraggiosi: “Comincia col disfarti di un po’ dei tuoi beni dandoli di tutto cuore ai poveri: dare significa impoverirsi nella misura in cui si dà, e più darai e più sarai povera. E’ vero che Dio ti ricompenserà, non soltanto nell’altro mondo, ma anche in questo; infatti niente rende gli affari tanto prosperi quanto l’elemosina. Tuttavia, in attesa mancherai di quello che hai dato!…è una santa e ricca povertà quella procurata dall’elemosina”. Affari prosperi! Ricca povertà! Ma Francesco santo, cosa vuoi dire? Cerchiamo di interpretare. Tali espressioni possono essere più comprensibili se diamo al termine “elemosina” un significato più ampio comprendendo anche il dare un po’ del nostro “prezioso” tempo agli altri ponendoci in ascolto, essendo maggiormente disponibili, aprendo il nostro cuore, in famiglia e fuori di essa. Teniamo ben presente che la parola “elemosina” deriva dal greco e, letteralmente, vuol dire “avere compassione” indicando il sentimento attraverso il quale si partecipa profondamente alla sofferenza, tanto materiale quanto spirituale del nostro prossimo. E questo arricchisce anche noi: questo è l’affare prospero, la ricca povertà! Vista in questo modo l’elemosina diventa sinonimo di vero amore per il prossimo e per … noi stessi. Altro che mettere la mano in tasca e tirare fuori qualche monetina…! Torniamo al testo del Salesio che, citando il profeta Osea (9,10) e poi San Paolo (2Co 11,29) dice: “Ama i poveri e la povertà; è questo amore che ti farà sinceramente povera, giacché, come dice la Scrittura, noi assomigliamo alle cose che amiamo. L’amore rende simili gli amanti. Chi è infermo e io non sono come lui? dice S. Paolo. Avrebbe anche potuto dire: Chi è povero e io non lo sono come lui? L’amore lo rendeva simile a quelli che amava. Se dunque ami i poveri parteciperai realmente della loro povertà e sarai povera con loro.” Nel brano di domani troveremo la conferma di quanto abbiamo detto prima ma, per ora, cerchiamo di trascorrere questa giornata nel convincimento che, se amiamo profondamente Dio, non possiamo non amare il nostro prossimo e, amandolo veramente, ameremo di più noi stessi. Buona giornata.
Preghiamo
Signore rendici insaziabili di amore… Amen.
PG&PGR
N.B.
65 anni fa, a Genova (sì, proprio a Genova anche se molti non lo sanno!), veniva al mondo un pargoletto al quale fu imposto il nome di Gianni Roberto…Se lo conoscete fategli gli auguri!