Carissimi tutti, vicini e lontani,
il brano che oggi la liturgia pone al nostro ascolto (Atti 15,22-31), ci presenta la conclusione del “Concilio di Gerusalemme” con la “delibera” di inviare ad Antiochia, la città dove lo Spirito santo sta suscitando tante conversioni tra i “pagani”, una delegazione formata da Paolo, Barnaba e altri due discepoli, Giuda (nome molto comune nel mondo ebraico) e Sila. Leggendo il versetto 23 si può evincere che alcuni, senza nessun incarico da parte degli Apostoli e senza tener conto delle loro decisioni, avevano continuato a dare forza alla tesi della necessità di circoncidere i pagani venuti alla fede. Evidentemente quella comunità, si trova in grande difficoltà non sapendo bene come agire. Pietro e gli altri, dunque, affidano a questo “quartetto” una lettera molto chiara, per dissipare ogni dubbio in proposito. Come potete ben vedere, lo spirito farisaico, anche all’interno della comunità cristiana, è ancora molto forte e l’attaccamento alla tradizione (intesa come irrigidimento sulle proprie posizioni), è ancora lontano dall’essere superato. Solo la lettera del “collegio” apostolico ridarà serenità a quella comunità.
Ma il “tradizionalismo” è duro a morire e la Storia della Chiesa ce lo insegna. Molti di noi hanno vissuto i tempi del Concilio Ecumenico Vaticano II iniziato sotto il pontificato di San Giovanni XXIII, nel 1962, e concluso sotto quello di San Paolo VI nel 1965, al quale parteciparono più di tremila tra cardinali, patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati e vari esperti e consulenti. Era ormai tempo di concludere il Concilio Vaticano I interrotto, nel 1870, dalla presa di Porta Pia (Roma), e cominciare a discutere sulla Chiesa e la sua funzione apostolica dopo venti secoli di storia, sulle riforme da apportare, salvaguardando la dottrina della Rivelazione, per renderla più accessibile e meno “distante” dal popolo di Dio. Tra costituzioni, decreti e dichiarazioni, vennero pubblicati sedici documenti importantissimi per la vita della Chiesa universale. Ma quel Concilio ebbe anche un numero considerevole di oppositori. Il caso più famoso fu quello dell’arcivescovo francese Marcel Lefebvre che riuscì a coinvolgere nella sua “protesta” vescovi e sacerdoti scrivendo il libro “Io accuso il Concilio” in cui, con la mentalità di chi non vuole aprire gli occhi sul mondo che sta cambiando, pretende di essere il difensore dell’ortodossia cattolica considerando “eretiche” molte affermazioni conciliari. Uno dei partecipanti al Concilio, il vescovo polacco Karol Wojtyla, divenuto papa nel 1978 col nome di Giovanni Paolo II, dopo vari tentativi di farlo recedere dalle sue intransigenti posizioni, nel 1988, emise nei suoi confronti una bolla di scomunica. Una storia tanto lunga quanto dolorosa soprattutto per il Papa costretto dall’irremovibilità di Lefebvre a prendere un così duro provvedimento.
Preghiamo:
Signore, Tu hai dato a Pietro le chiavi del Regno dei Cieli e il potere di sciogliere e legare, rimettere i peccati e non rimetterli. Rendi il cuore di ogni uomo e di ogni donna docile all’insegnamento di coloro che hai voluto alla guida della Tua Chiesa. Assisti, col Tuo Santo Spirito, il nostro vescovo, Papa Francesco e tutti i vescovi in comunione con lui perché siano, per tutto il popolo cristiano, guide sicure secondo il Tuo cuore. Amen
A tutti, romani e non, l’augurio di sentirci sempre più Chiesa. Buona giornata,
PG&PGR