Di seguito pubblichiamo la lettera di Natale 2019 che il nostro Parroco Padre Gianni scrive a Gesù e la risposta del Figlio di Dio, lettere che ogni anno Padre Gianni legge a tutta la comunità riunita durante la notte di Natale. Una scambio epistolare tra il Parroco e Gesù che ormai è diventato un appuntamento fisso della nostra comunità parrocchiale.
Roma, Natale 2019
“Ascoltare con il cuore il grido della città”.
Caro Gesù,
dal mese di ottobre questa frase, fatta stampare su due striscioni e appesa alle balconate
della nostra chiesa, accoglie tutti coloro che vi entrano. No, non è uno slogan pastorale; è
l’invito che il vescovo di Roma, Papa Francesco, attraverso il Cardinale Vicario, ha voluto
rivolgere alla sua diocesi indicandolo come tema pastorale di questo anno. Prendendo
spunto dalla narrazione biblica del libro dell’Esodo e dal grido di dolore che sale a Dio da
parte del popolo ebreo schiavo in Egitto, il Papa ci ha chiesto di metterci in ascolto di
questo grido che, dopo circa tremilaquattrocento anni continua, da ogni parte della terra e
in modo particolare dalla nostra città, a salire verso Dio. E’ il grido di tanti uomini, donne,
bambini che quotidianamente devono affrontare povertà, soprusi, violenze, ingiustizie,
difficoltà di ogni genere. Quel grido davanti al quale, tante volte, ci tappiamo le orecchie e
gli occhi per non ascoltare, per non vedere; è un grido che ci infastidisce, che viene a
disturbare il nostro quieto vivere; è un grido che la nostra indifferenza e il nostro innato
egoismo ci impediscono di ascoltare per non farci coinvolgere. E quel che è peggio è che,
tante volte, di fronte a tanta sofferenza, agli occhi di molti, il colpevole sei tu, Gesù. Perché
Dio non interviene? Perché permette il male? Perché lascia che i potenti siano sempre più
potenti e prepotenti e i poveri sempre più poveri e bistrattati? Perché? Perché? Perché?
Quanti perché affollano la nostra mente e ci forniscono un alibi per scrollarci dalle spalle le
nostre responsabilità!
A quel titolo originario del programma diocesano “Ascoltare il grido della città”, qui in
parrocchia abbiamo voluto aggiungere “con il cuore”. Sì, perché se le orecchie, gli occhi, le
mani non si “collegano” col cuore, tutto quello che facciamo rischia di perdere efficacia.
Tu,Gesù, ce lo hai insegnato prendendo a cuore il grido dell’umanità e venendo ad abitare in mezzo a noi.
Hai ascoltato il “grido” del tuo popolo Israele oppresso sotto il giogo dell’invasore romano; hai ascoltato il “grido” di Maria che, alle parole del messaggero celeste, rimane turbata e chiede spiegazioni; hai ascoltato il grido di Giuseppe al quale hai sconvolto i piani e la vita; hai ascoltato il grido di quei poveri pastori, costretti a vivere ai margini della società e che, per primi, ti hanno visitato nella stalla di Betlemme. E poi, durante la tua vita pubblica, quante grida di dolore hai dovuto ascoltare? Così come tuo Padre verso gli ebrei schiavi in Egitto, hai ascoltato il grido del tuo popolo e sei venuto a sporcarti le mani con noi, povere creature, facendo tuo il grido dei ciechi, degli zoppi, dei sordi, dei lebbrosi, di coloro che avevano perso una persona cara. Ed ora dai a noi, che ci chiamiamo cristiani, il compito di ascoltare, con il cuore, il grido di tanti nostri fratelli. E’ una missione difficile quella che ci affidi perché, tante volte, è un grido silenzioso: struggente, angosciato, spesso disperato, ma silenzioso. E tu lasci a noi, alle nostre comunità, alla nostra Chiesa il compito di interpretare questo grido e renderti presente nella loro vita; chiedi a noi di essere le tue orecchie, i tuoi occhi, le tue mani.
Papa Francesco, nella recente lettera apostolica sul valore e il significato del presepe, dice
che questo (il presepe) “ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio: invita
a diventare suoi discepoli se si vuole raggiungere il senso ultimo della vita”. Queste parole ci riscaldano il cuore ma, nel contempo, ci intimoriscono: la nostra vita inserita fattivamente
in quella di Dio…! Gesù, ma come fai a fidarti in questo modo di noi? Tu pensi veramente
che possiamo farcela nonostante le brutture che ci circondano? Non possiamo fare altro, in questa Santa Notte, che dirti grazie per questa fiducia e chiederti il coraggio per saper
ascoltare il grido della città, di ogni città, il grido del mondo intero.
Donaci la piena coscienza di essere figli del Tuo stesso Padre, di sentirci chiamati, ogni
giorno, alla santità della vita; non ci abbandonare alla tentazione di “lasciarci vivere”, ma
aiutaci a saper ascoltare, a saper vedere, e ridesta in noi la volontà di ricercare sempre più
quei valori che ci portano ad essere come tu ci vuoi, santi tra i santi.
Gesù, benedici tutti noi, i piccoli, i giovani, le nostre famiglie, gli anziani, gli ammalati, i
nostri amici vicini e lontani e accogli con te i nostri morti.
Buon compleanno, Gesù.
Tuo Gianni.
———————————
Paradiso, Natale 2019
Caro Gianni,
certo che il mio attuale Vicario in terra ne ha di coraggio. Seguendo la scia di coloro che lo
hanno preceduto in quello che voi chiamate “il soglio di Pietro”, sta lanciando al mondo , e
a voi della Diocesi di Roma in particolare, dei messaggi chiari e forti che, chi vuole vivere un cristianesimo autentico, non fatto solo di “pie pratiche” e ritualismi, non può lasciare
cadere nel vuoto. “Ascoltare il grido della città”! Quel lamento accorato che Dio, mio Padre, ha ascoltato dal suo popolo schiavo in Egitto, continua a giungere qui da noi da ogni parte della terra. Come dici tu è il grido di tanti, ma farei una distinzione: c’è il grido dell’opulenza festaiola dei “buontemponi”, come li chiamano i profeti Geremia e Amos, cioè coloro che se la godono chiudendo gli occhi sui mali dell’umanità dei quali, molte volte, sono artefici e responsabili e c’è il grido degli “anawim”, cioè dei poveri di Dio, dei dimenticati, dei semplici, degli umili, degli oppressi, di tutti coloro che la vostra società superba, distratta e, troppe volte egoista, mette da parte costringendoli ad una esistenza a dir poco difficile.
Ancora una volta mi ritrovo a dire che questo tipo di società non può avere un futuro
perché è basata sull’ingiustizia, sulla corruzione, sullo sfruttamento, sul sopruso, sulla
violenza e quel che è peggio, molte volte, mascherate dalla legalità.
Ai miei tempi, quando più di duemila anni fa, secondo il disegno salvifico di Dio, sono
venuto a vivere in mezzo a voi, in quel piccolo popolo ormai schiavo dei potenti, quale
realtà ho trovato? Quella dei farisei, dei “capi” del popolo, dei dottori della legge. Gente impeccabile da un punto di vista formale, pienamente osservanti della Legge dei padri, ma
con il cuore arido, guide cieche, incapaci di amare, incapaci di misericordia. Ma allora, come oggi, il grido dei poveri, dei sofferenti, di coloro che aspettavano con fede vera il conforto d’Israele, è salito a Dio. Maria, mia madre, Giuseppe, il mio caro papà terreno, i pastori di Betlemme, il vecchio Simeone e la profetessa Anna e poi Giovanni il Battista, i miei discepoli, coloro che erano afflitti da ogni sorta di male fisico e spirituale, hanno “gridato” e sono stati ascoltati da mio Padre. Nell’orto degli Ulivi e sul Calvario anche io ho gridato: un grido di angoscia, di dolore che ha avuto il suo culmine nella richiesta di perdono per quelli che mi uccidevano. E dopo la risurrezione questo grido è diventato un annuncio, un messaggio di pace e amore che Pietro e gli altri discepoli e poi i loro successori hanno portato in tutto il mondo. Un messaggio, questo, che dopo più di venti secoli, ha bisogno di essere pienamente testimoniato, anche pagando di persona. Non posso dimenticare ciò che è successo la scorsa domenica di Pasqua: attentati terroristici in alcune chiese cristiane dello Sri Lanka con decine e decine di vittime; in questo ultimo anno più di sessanta cristiani sono stati uccisi nel Burkina Faso nel più totale disinteresse dell’Occidente che continua a vendere armi. E potrei andare avanti… Ma il grido di questi fratelli e sorelle non è caduto nel vuoto ed ora sono io che grido a questa umanità del terzo millennio di cambiare rotta, di imparare a vivere in pace, in armonia con il creato, nella giustizia, nella libertà, nella verità, di smettere di pensare soltanto al proprio tornaconto. Sono io che dico a te, alla tua comunità parrocchiale, alla Chiesa che è in Roma, a tutte le Chiese del mondo: tornate ad ascoltare, tornate a vedere, siate voi le mie orecchie, i miei occhi, le mie mani, siate voi il mio cuore; tornate alla semplicità, all’essenzialità ricercando il vero valore delle cose, guardando sempre a quello che c’è di buono negli altri, riscoprendo il vero senso della vita.
Cercate di fuggire quella superficialità che troppo spesso impedisce di guardarsi attorno, di ascoltare la voce di chi soffre, di rendersi utili senza aspettare il contraccambio.
Sì, certo , io continuo a fidarmi di voi uomini e donne del terzo millennio e non posso
perdere la speranza perché io sono la sola, vera e grande speranza dell’uomo.
A te, ai tuoi collaboratori, ai tuoi parrocchiani, a tutti gli uomini di buona volontà la mia
benedizione.
Tuo Gesù.
P.S. Non dimenticate di invitarmi alla mia festa. Verrò sicuramente e con gioia.