12 Novembre 2024: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

con l’incontro odierno, concludiamo la nostra riflessione sull’Esortazione rivolta alle suore della Visitazione e, di conseguenza anche a noi, da Francesco di Sales, la Terza domenica di Quaresima dell’anno 1615. Egli ci ricorda che i primi cristiani, in modo particolare quelli formati alla scuola di san Marco Evangelista, furono chiamati dai Padri della Chiesa “supplicanti”, per la loro assiduità nella preghiera, e “medici”, in quanto attraverso questo “mezzo” trovavano il rimedio per tutti i mali, in modo particolare quelli spirituali. Per carità, non pensiamo ai tanti “guaritori” televisivi che, il più delle volte, dietro lauto compenso o vendendo prodotti “miracolosi”, ingannano quelli che, ingenuamente, si rivolgono a loro e alle loro “preghiere”. L’orazione, cioè la preghiera, quella vera, è tutt’altra cosa. Ma l’uomo, come già dicevano alcuni filosofi pagani, “è un albero rovesciato; dal che possiamo dedurre quanto l’orazione sia necessaria all’uomo: dato che l’albero, se non trova terra sufficiente per coprire le sue radici, non può vivere, così nemmeno l’uomo che non rivolge una particolare attenzione alle cose celesti potrebbe sussistere”. Sono tanti i filosofi del passato, seppur pagani, che hanno intuito delle verità che l’uomo di oggi sembra rifiutare a priori! Il pensiero dei Padri, invece, è molto chiaro quando definiscono la preghiera come “elevazione dello spirito alle cose celesti” e anche quando in essa si domanda qualcosa, rimane sempre un innalzamento del nostro spirito a Dio per chiedergli “ciò che ci sembra essere necessario”. Che poi lo sia veramente, beh, lasciamolo decidere a Lui. Per concludere questa Esortazione lasciamo la parola a Francesco: “la richiesta principale che dobbiamo fare a Dio è l’unione della nostra volontà alla sua, e la causa finale dell’orazione consiste nel non volere nessun altro al di fuori di Dio. Per cui in essa è racchiusa tutta la perfezione, come disse frate Egidio, compagno di san Francesco, allorché un tale gli chiese come avrebbe dovuto fare per diventare perfetto in breve tempo: «Da’ l’una all’uno», ossia: tu hai un’anima sola ed esiste un solo Dio; dagli la tua nima ed Egli si darà a te. Di conseguenza, la causa finale dell’orazione non deve essere di pretendere quelle tenerezze e quelle consolazioni che Nostro Signore a volte concede, perché l’unione non consiste in quello, ma nel volere di Dio”. E questo suscita in noi una riflessione e una domanda: non è il caso che noi cristiani del terzo millennio re-impariamo a pregare?

Signore, sii Tu l’animatore della nostra preghiera; fa’ che non sia una semplice domanda di grazie, ma la richiesta della Grazia del Tuo Spirito che sola può farci agire secondo la Tua volontà ed accettarla con gioia. Amen

Ed oggi, cosa chiederemo al Signore? E come? Fate voi. Buona giornata,

PG&PGR