Carissimi,
terminiamo, con l’incontro odierno, questa Esortazione del Venerdì Santo dell’anno 1614. Francesco insiste, citando ancora la lettera ai Filippesi (2,7), dove l’Apostolo afferma che il Signore Gesù “spogliò se stesso assumendo la condizione di servo” e ci rivolge, con tono deciso, questo invito: “Dobbiamo farlo anche noi, annientandoci fino ad essere nulla, e svuotandoci delle nostre passioni, inclinazioni, avversioni, ripugnanze al bene”. Ma tutto questo, sottolinea, non deve essere un impegno temporaneo, legato solo alla memoria dei giorni della Passione, bensì “dobbiamo conservare tale sentimento per il resto della nostra vita”. La presenza del crocifisso nelle nostre chiese, nelle nostre case e (come invita a fare Papa Francesco) nelle nostre tasche, dovrebbe sollecitare in noi, continuamente, questo pensiero. Francesco prosegue ricordandoci che il Cristo, dando la vita per il nostro riscatto, è morto per amore e se “l’amore ha fatto morire il nostro Maestro, allora non ci rimane che vivere d’amore per lui; ma non di un amore qualunque, bensì di un amore simile al suo (non dico uguale, perché non è possibile), di un amore forte e coraggioso che cresca nelle contraddizioni, senza mai stancarsi di combattere per quell’Amante divino”. A noi sembra essere questo un accorato richiamo al coraggio nella nostra testimonianza di fede, senza cedere alle lusinghe del mondo, rifiutando ogni compromesso col male, aprendo ogni giorno il nostro cuore all’ascolto della Parola per poterla portare agli altri in modo credibile. Purtroppo, spesso, l’egoismo, ci impedisce di dare una testimonianza vera, aperta, coinvolgente: a livello sociale si mettono barriere, si alzano muri, si emarginano i poveri, si chiude la porta a chi è disperato e chiede asilo; a livello personale, per il cosiddetto rispetto umano, ci si nasconde e non si ha il coraggio di proclamare apertamente la propria fede negli ambienti di lavoro, nelle scuole, nei…condomini. In poche parole ci manca il coraggio di uscire dalle “catacombe”, di dichiarare apertamente che noi crediamo che “Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre (Fil 2,11)” e che noi lo riconosciamo come nostro Re, un Re con una corona di spine. Conclude il Nostro: “Se in questa vita scegliamo la corona di spine, indubbiamente avremo quella d’oro dopo la morte, nell’eternità dei beati, dove godremo pienamente dell’amore del caro Salvatore, che non desidera se non di vederci bruciare di quel fuoco sacro che egli ha affermato di aver portato sulla terra e solo perché bruci (Cfr. Lc 12,49) Amen”.
Preghiamo
Signore, infondi in tutti noi il coraggio di proclamarci cristiani, la forza e la volontà di agire come tali in ogni circostanza rifiutando ogni compromesso con tutto ciò che ci allontana da Te. Amen
E se oggi ci venisse proposto di scegliere tra una corona d’oro e una di spine, su quale cadrebbe la nostra scelta? Buona giornata,
PG&PGR