Carissimi,
una delle diverse forme di “Atto penitenziale”, col quale si inizia la celebrazione dell’Eucarestia, è quella della recita corale del “Confesso a Dio Onnipotente” nella quale si dice di aver peccato “in pensieri, parole, opere ed omissioni”. Ma i pensieri, o se preferite, i desideri, quando hanno per oggetto cose “non proprio opportune e lecite, possono essere considerati peccati? Certamente! Infatti, ci dice san Francesco di Sales: “Se il timore non esclude la volontà di peccare né l’affetto al peccato, senza dubbio è perverso e simile a quelle dei demoni che cessano spesso di nuocere per paura di essere tormentati con l’esorcismo, senza smettere di desiderare e volere il male, cui sempre mirano”. La conferma di quanto egli dice la troviamo nel vangelo di Matteo (8,28-29): due indemoniati gridano verso Gesù di non tormentarli con la sua presenza. Attenzione, però: il timore di Dio non deve essere confuso con la paura, ma deve essenzialmente spronarci a non commettere, e neanche desiderare, il peccato. Continua il Nostro: “Senza dubbio, chi ama il peccato e lo vorrebbe commettere volentieri contro il volere di Dio, anche se poi decide di non commetterlo soltanto per paura di essere dannato, ha un timore esecrabile e detestabile”. In effetti, anche se il male non viene commesso con le azioni, lo si può commettere con l’intenzione. Anche qui abbiamo una conferma dal vangelo (Mt 5,28): «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore». Evidentemente questo non è valido solo per i maschietti! L’Autore prosegue sostenendo che al timore “esecrabile e detestabile”, se ne può aggiungere un altro, meno perverso, ma altrettanto inefficace e a sostegno di questo cita il passo degli Atti degli Apostoli (24,25-27) nel quale si narra che il giudice Felice “sentendo parlare di giudizio divino, fu subito molto spaventato, ma, nonostante tutto, continuò a vivere nella sua avarizia”. Altro esempio che ci viene proposto è quello del re Baltassar, succeduto al padre Nabucodònosor che, nonostante la visione prodigiosa della mano che scriveva sulla parete la sua condanna, non fece penitenza e fu ucciso quella stessa notte (Cfr. Dn c. 5). Il timore di Dio non può, dunque, escludere l’amore in quanto sarebbe blasfemo mettendo al primo posto non l’amore per Dio, ma la ricompensa che questo promette; come se si amassero i genitori non per ciò che sono, ma per non essere esclusi dall’eredità.
Domani celebreremo la Solennità della Pentecoste: il Signore asceso al cielo, non abbandona i suoi amici, ma infonde su loro il dono dello Spirito…e nasce la Chiesa.
Preghiamo con le parole della liturgia
Dio onnipotente ed eterno, che hai racchiuso la celebrazione della Pasqua nel tempo sacro dei cinquanta giorni, rinnova il prodigio della Pentecoste: fa’ che i popoli dispersi si raccolgono insieme e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del tuo nome. Amen
Viviamo pienamente il dono dello Spirito che si rinnova in noi ogni volta che ci rivolgiamo a Dio chiamandolo, con vero amore, Padre.
Buona Solennità di Pentecoste,
PG&PGR