Carissimi,
con l’incontro odierno concludiamo l’ottavo capitolo. L’idea espressa nel titolo, e cioè che la carità comprende tutte le virtù, non è originale del pensiero salesiano in quanto Francesco attinge a piene mani tra tre giganti della teologia, Tommaso d’Aquino, Ambrogio e l’immancabile Agostino. San Tommaso, nella “SummaTeologica” afferma che la carità compie le opere di tutte le virtù; sant’Ambrogio, in una sua lettera chiama la pazienza e le altre virtù “membra della carità; sant’Agostino ne “I costumi ecclesiastici” dichiara che “l’amore di Dio (la carità) comprende tutte le virtù e compie in noi tutte le loro operazioni”. Visto che Francesco riporta per intero il testo del vescovo di Ippona, noi faremo altrettanto: “«Quando si dice che la virtù si divide in quattro (intende le quattro virtù cardinali), si dice, secondo me, a motivo dei diversi affetti provenienti dall’amore: perciò io non esiterei a definire queste quattro virtù così: la temperanza è un amore che si dà interamente a Dio; la fortezza, un amore che sopporta volentieri ogni cosa per Dio; la giustizia, un amore che serve a Dio solo e che perciò comanda rettamente a quanto sta soggetto all’uomo; la prudenza, un amore che sceglie quanto gli giova per unirsi con Dio e rigetta quanto gli è nocivo»”. Dunque, se si vive secondo la carità lo spirito viene come rivestito da una tunica dalle lunghe maniche, come quella di Giuseppe, figlio di Giacobbe (Cfr. Gen 37,3) e questa “è abbellita di tutte le varietà delle virtù; o meglio, possiede una perfezione che contiene la virtù di tutte le perfezioni o la perfezione di tutte le virtù”. Ora, lasciamo che sia l’Autore a concludere, con le sue parole, questo capitolo augurandoci di imparare a vivere nella carità allo stesso modo: “E per questo la carità è paziente, benigna, non è invidiosa, ma benevola; non compie leggerezze, ma è prudente; non si gonfia d’orgoglio, ma è umile; non è ambiziosa o sprezzante, ma amabile e cortese; non è puntigliosa a volere quello che non le appartiene, ma franca e condiscendente; non si irrita, ma è pacifica; non pensa male, ma è mansueta; non gode del male, ma si rallegra della verità e nella verità; soffre tutto, crede facilmente tutto quello che le si dice di bene, senza ostinazione, contesa o diffidenza; spera tutto il bene del prossimo, senza mai perdere la speranza di potergli procurare la salvezza; accetta tutto, aspettando senza inquietudine quanto le è stato promesso. Concludendo, la carità è quell’oro fino e fiammante che il Signore consigliava al vescovo di Laodicea di comperare (Cfr. Ap 3,18), e che contiene il valore di tutte le cose, che può tutto, che opera tutto”.
O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta e gli hai dato la speranza della risurrezione, fa’ che accogliamo e viviamo nell’amore il mistero celebrato ogni anno nella fede. Amen
Imparare a vivere la carità…non è certamente facile, ma si può iniziare facendo umilmente un passo alla volta. Buona giornata,
PG&PGR