Carissimi,
siamo alla battute finali del quinto capitolo e Francesco riprende in considerazione, dopo una breve parentesi dedicata alle “regine”, la “regina delle regine”, la “più amante e amata”, non solo dal suo Re, ma anche da tutti i suoi “sudditi”, cioè noi. Alludendo ai quattro livelli di amore di cui ci ha parlato nel capitolo precedente e alle donne dell’harem di Salomone, l’Autore dice chiaramente: “Penso che non vi sia mai stata creatura mortale che abbia amato lo Sposo celeste con questo unico e così perfettamente puro amore, al di fuori della Vergine, sua Sposa e nello stesso tempo Madre insieme; anzi è certo, perché nella pratica dei quattro livelli d’amore è quasi impossibile vivere senza passare dall’uno all’altro”. Se ricordate bene, le innumerevoli fanciulle che attendevano il loro turno per “passare di rango”, vengono chiamate “novizie” dal Salesio e hanno ancora da fare molta strada, nonostante le buone intenzioni, per giungere allo stato di amanti legittime e, ancora di più, per essere riconosciute come regine. Ma bisogna constatare che qualche volta, anche alle anime “che si trovano nel numero delle uniche e perfette amanti” può accadere di commettere qualche mancanza, seppur veniale. Questo, sottolinea il Nostro, è accaduto anche ai grandi servitori di Dio, “perfino tra qualche Apostolo, che non si può negare sia caduto in alcune imperfezioni a causa delle quali, senza dubbio, non veniva violata la carità, bensì il suo fervore”. Il riferimento al rinnegamento di Pietro è chiarissimo anche se non esplicito. Il suo amore per il Maestro non è mai venuto meno e solo la paura gli ha fatto rispondere alla servetta “non lo conosco”. I buoni alberi, commenta, non possono produrre frutti velenosi, ma può capitare che qualche loro frutto cada precocemente ancora acerbo o bacato: “Così i veri santi non fanno mai alcun peccato mortale, ma soltanto qualche azione inutile, immatura, aspra, rude e malfatta”. Probabilmente qui c’è una allusione agli apostoli Giacomo e Giovanni, i “figli del tuono”, chiamati così per il loro temperamento focoso: volevano chiedere un fuoco dal cielo che consumasse quei samaritani che si erano rifiutati di accogliere Gesù (Cfr. Lc 9,51-55). Il quinto capitolo si conclude con queste parole: “Chi potrà negare che le piccole collere, i piccoli eccessi di allegria, di riso, di vanità e di altre passioni del genere siano movimenti inutili e irragionevoli? Nondimeno il giusto ne compie sette al giorno, ossia molto spesso” (Cfr. Pro 24,16). E’ vero, il giusto cade sette volte al giorno, ma è capace di rialzarsi come Pietro che pianse amaramente rendendosi conto del suo peccato (Lc 22,62). Quante volte ci capita, amministrando il sacramento della Riconciliazione, di dire che il male peggiore, dopo essere caduti, è quello di restare per terra.
Preghiamo
Signore, cosa siamo? Non ancora veri amanti, tanto meno “regine” e ancor meno assomigliamo alla Sulamita del Cantico. Siamo solo anime che, attraverso cadute e riprese, cercano di seguire la strada che tu hai tracciato. Guidaci, Signore, e sostienici con la forza del tuo Spirito. Amen
Ed oggi lasciamo che sia lo Spirito di Dio a sostenerci se dovessimo inciampare. Buona giornata,
PG&PGR