Carissimi,
ieri ci eravamo lasciati chiedendoci chi sarà questa “regina delle regine”, la “più amabile e la più amata” colei che “ama lo Sposo al di fuori di tutte le cose e senza tutte le cose”? Francesco temporeggia nel dare una risposta…vuole tenerci sulla corda? No, vuole essere maggiormente chiaro e cita l’amore del re Assuero per la regina Ester (Cfr. Ester capitolo 5) dicendo che quel sovrano amava profondamente Ester non per come si presentava, vestita sontuosamente e profumata, ma per ciò che ella era effettivamente e l’avrebbe amata con lo stesso ardore anche se fosse stata vestita in modo ordinario. Si pone, e ci pone, dunque, questa domanda: “Se io amo solamente il mio Salvatore, perché non amerò tanto il monte Calvario quanto il monte Tabor, poiché è sempre lui che si trova sull’uno e sull’altro? E perché non dovrò dire di cuore sull’uno e sull’altro: È bello stare qui? Io amo il Salvatore in Egitto (riferendosi alla fuga della Sacra famiglia in Egitto per sfuggire alla pazzia di Erode, ndr.), senza amare l’Egitto; perché non lo amerò al convito di Simone il lebbroso, senza amare il convito? E se lo amo tra le bestemmie che gli vengono lanciate contro, senza amare le bestemmie, perché non lo amerò profumato dell’unguento prezioso versatogli dalla Maddalena, senza amare né l’unguento né il suo profumo?” Amare Dio profondamente vuol dire amarlo per quello che è, per quello che rappresenta nella mia vita, anche quando mi invita a seguirlo sul Calvario. L’Autore prosegue nel suo ragionamento: “Il segno autentico che amiamo Dio in tutte le cose è amarlo in modo uguale in tutte le cose perché essendo egli sempre uguale a se stesso, l’ineguaglianza del nostro amore verso di lui non può aver origine dalla considerazione di qualche altra cosa che non è lui!” Dunque, l’autenticità del nostro amore dipende dall’accogliere Dio nella nostra vita così come è, e non come vorremmo che fosse. Amiamo Dio per ciò che è, amiamolo in tutte le sue creature evidentemente, senza cadere nel tranello del panteismo: il creato è meraviglioso, ma è tale perché esiste un Creatore. Finalmente, dopo questa sorta di “prefazione”, Francesco “scioglie la riserva” dicendo che di anime perfette ce ne sono molto poche, ma una sola “può dire con umiltà e verità: esisto soltanto per il mio Diletto ed egli è rivolto su di me” (Cfr. Ct 7,11). E afferma: “Solo la santissima Vergine nostra Signora raggiunse perfettamente questo grado di eccellenza nell’amore del suo caro diletto; poiché nella dilezione essa è colomba così unicamente unica, che tutte le altre paragonate con lei meritano piuttosto il nome di cornacchie che di colombe”. Beh, essere paragonati alle cornacchie, a dire il vero, non ci piace molto, ma da Francesco, lo conosciamo ormai abbastanza, possiamo accettare anche questo tanto più perché lo dice anche di se stesso.
Oggi ricorre la memoria di sant’Antonio abate, tanto stimato dal Salesio e, dunque, preghiamo con le parole della liturgia:
O Dio, che hai ispirato a sant’Antonio abate di ritirarsi nel deserto, per servirti in un nuovo modello di vita cristiana, concedi anche a noi per sua intercessione di superare i nostri egoismi per amare te sopra ogni cosa. Amen
Ed oggi perché non sforzarci di essere meno fastidiosi, come le cornacchie, e più puri come le colombe? Buona giornata,
PG&PGR