Carissimi,
“Dell’unione della nostra volontà a quella di Dio nelle ispirazioni concesse per la pratica straordinaria delle virtù e della perseveranza nella vocazione, prima caratteristica dell’ispirazione”. E’ questo il lungo titolo che Francesco di Sales dà all’undicesimo capitolo del libro VIII del TAD. Beh, a leggerlo così sembra qualcosa di complicato! Tranquilli, ce lo renderà semplice con le sue spiegazioni e i suoi esempi. Egli parte da questo presupposto: “Ci sono delle ispirazioni che tendono soltanto ad una straordinaria perfezione degli esercizi ordinari della vita cristiana”. Rispetto al tema del precedente capitolo, qui si parla di “perfezione straordinaria”. Ad ogni cristiano, infatti, è chiesto l’impegno di vivere le virtù, in modo particolare quelle teologali e cioè la fede, la speranza e la carità. L’Autore ribadisce che “la carità verso i poveri e i malati è un esercizio ordinario della vita dei veri Cristiani”; la fede, la speranza e tutte le altre virtù non possono essere vissute pienamente se non si lasciano animare dalla carità. Alcuni, però, si accontentano di fare il minimo, altri si impegnano maggiormente, altri ancora ne fanno uno stile di vita. Pur essendo un “esercizio” ordinario “venne praticato con perfezione straordinaria da san Francesco e da santa Caterina da Siena, quando lambivano e succhiavano le ulcere dei lebbrosi e dei cancrenosi, e dal glorioso san Luigi, quando serviva in ginocchio e a capo scoperto gli ammalati, per cui restò profondamente meravigliato un abate cistercense, vedendolo in tale posizione soccorrere e curare un miserabile ulcerato di piaghe orribili e incancrenite; era inoltre una pratica assai straordinaria di quel santo monarca il servire a mensa i poveri più vili e abietti, e mangiare gli avanzi delle loro vivande”. Sinceramente questa totale dedizione verso i poveri e i malati smuove in noi, diciamocelo pure, un senso di repulsione. Ma la loro carità era talmente grande da superare ogni ostacolo di questo tipo. Certamente quando “infuriava” il Covid abbiamo preso, giustamente, tante precauzioni per non contrarre il contagio: disinfezioni, mascherine, distanziamento e quant’altro… Chissà cosa avrebbero fatto al nostro posto Francesco, Caterina, Luigi ed altri? Rifacendosi al brano della Genesi citato ieri (speriamo che lo abbiate letto…), nel quale Rebecca si mostra generosa non solo nei confronti di Eleazaro, ma anche dei suoi cammelli, l’Autore cita san Girolamo, il grande traduttore della Bibbia, che “ricevendo nel suo ospizio di Betlemme i pellegrini d’Europa che fuggivano la persecuzione dei Goti, non solo lavava loro i piedi, ma si abbassava fino a lavare e strigliare le zampe dei loro cammelli, a imitazione di Rebecca”. Sono innumerevoli i santi che hanno immolato la loro vita per il servizio dei poveri, dei sofferenti e per predicare la Parola ai popoli che non conoscevano ancora il vero Dio. I “santi martiri canadesi”, Giovanni de Brébeuf, Isacco Jogues e altri 19 loro compagni, tutti gesuiti, che oggi la liturgia celebra, sono tra questi.
Preghiamo
O Dio, che con l’opera e l’effusione del sangue dei santi Giovanni e Isacco e dei loro compagni hai voluto manifestare la beata speranza del regno eterno, concedi che, per la loro intercessione, la fede dei cristiani sempre più cresca e si rafforzi. Amen
Probabilmente il Signore non ci chiederà l’estremo sacrificio, ma senz’altro, anche oggi, in qualche modo, ci darà la possibilità di vivere più profondamente la virtù della carità.
Buona giornata,
PG&PGR