23 Giugno 2023: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

apriamo oggi il capitolo tredicesimo che porta questo titolo: “La santissima Vergine, Madre di Dio, è morta d’amore per il Figlio”. Dopo averci parlato dei diversi “amanti” morti per amore, Francesco di Sales non poteva certo tacere sul fatto che la Vergine Maria è “l’amante” per eccellenza e, più di altri, è morta per l’amore anzi, è morta d’amore e, come vedremo nel prossimo capitolo, di un amore estremamente dolce e sereno. Ma non dimentica, comunque, di dedicare la prima parte di questo capitolo a san Giuseppe. Dice, infatti: “Si ha quasi l’assoluta certezza che il grande san Giuseppe fosse morto prima della passione e morte del Salvatore, altrimenti Gesù non avrebbe affidato sua madre a san Giovanni”. Egli è pienamente convinto che Gesù abbia assistito il suo amato papà terreno nell’ora della sua morte: “Quanta dolcezza, quanta carità e misericordia furono esercitate da quel buon padre putativo nei confronti del Salvatore allorché nacque, piccolo bambino, in questo mondo! E chi potrebbe dunque credere che al momento di lasciare questo mondo, quel figlio divino non gli avrebbe restituito il centuplo, colmandolo di celesti dolcezze?”. Sappiamo bene che i Vangeli parlano pochissimo di questa figura paterna: Giuseppe, nel vangelo, non parla mai e si limita a fidarsi della Parola di Dio per far sì che quel figlio non suo potesse portare a termine l’opera per la quale si era incarnato nel seno della sua sposa. L’Autore, per descrivere l’amore che legava questo padre a suo figlio usa una similitudine molto bella e tenera. Dice: Le cicogne sono un vero ritratto della pietà dei figli verso i padri e dei padri verso i figli; infatti, essendo uccelli migratori, nelle loro migrazioni portano con sé i loro vecchi padri e le vecchie madri, come avevano fatto nella stessa circostanza i loro padri e le loro madri quando loro erano ancora piccoli”. Ah, quanto dovremmo imparare dagli animali noi esseri umani! Giuseppe e Maria avevano portato con loro il bambino Gesù non solo per fuggire dal folle Erode per poi rientrare, alla sua morte, in Galilea, ma anche durante i loro pellegrinaggi annuali al Tempio di Gerusalemme. E chiede: “Chi potrà dunque dubitare che quel padre santo, giunto alla fine dei suoi giorni” non sia stato portato dal figlio adottivo nel passaggio da questo mondo all’altro, nel seno di Abramo, per poi trasferirlo nel proprio, nella gloria, il giorno dell’Ascensione? Il Vangelo di San Matteo ci dice che alla morte di Gesù molti sepolcri si aprirono e i corpi dei santi risuscitarono (Cfr. Mt 27,52). Come possiamo pensare che tra questi santi, in testa, non ci fosse anche il grande patriarca san Giuseppe? Francesco arriva ad immaginare anche le sue ultime parole: “O Padre, ho compiuto l’opera che mi avevi affidato; e poi rivolto al figlio: Figlio mio, come il Padre tuo celeste ha affidato il tuo copro nelle mie mani nel giorno in cui sei venuto in questo mondo, affido il mio spirito nelle tue”. No, caro amico Francesco, non potevi non fare riferimento, in questo contesto, alla morte di Giuseppe. Certamente è l’immaginazione e la devozione che ti hanno fatto scrivere questo ma, ne siamo certi, è san Giuseppe che te l’ha ispirata.

Preghiamo

Padre buono guidaci sempre sulla strada dell’amore e per l’intercessione di san Giuseppe che Tu hai scelto come padre terreno del Tuo Figlio, fa’ che tutti i papà di questo mondo si lascino guidare dal suo esempio. Amen

Ed oggi, in modo particolare, ricordiamoci dei nostri papà anche se molti di loro sono già in compagnia di san Giuseppe. Buona giornata,

PG&PGR