16 Giugno 2023: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

oggi celebriamo la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e non possiamo non ricordare che il culto del Sacro Cuore è stato fortemente sostenuto da una figlia della Visitazione, santa Margherita Maria Alacoque. Il cuore, lo sappiamo bene, è il “simbolo” dell’amore e quello ferito di Gesù è l’immagine del suo amore per l’umanità. La letteratura “laica” è piena di personaggi che muoiono per amore: Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, che troviamo nel quinto canto della Divina Commedia, Romeo e Giulietta, Amleto e Ofelia, tragedie di Shakespeare, Tristano e Isotta, di Bédier, e tanti altri ancora. Ma si trattava di amore umano e talvolta “proibito”. Francesco di Sales, nel decimo capitolo che affrontiamo oggi, vuole invece parlarci “di coloro che sono morti a causa dell’amore e per l’amore divino”. Esordisce dicendo: “Tutti i martiri, Teotimo, morirono per l’amore di Dio, poiché quando si dice che molti morirono per la fede, non si deve credere per la fede morta, ma per la fede viva, cioè vivificata dalla carità”. Potremmo anche dire che la fede è animata dalla carità e, al tempo stesso, la carità è sostenuta dalla fede. Ma, talvolta, sottolinea il Nostro, si può perdere momentaneamente la carità senza perdere la fede. Ci presenta l’esempio di San Pietro che, pur amando profondamente il Maestro, quando fuori del Sinedrio lo rinnega, “perse la carità” per ritrovarla attraverso il pentimento. La stessa cosa possiamo dire degli altri apostoli che, nell’orto degli ulivi, fuggono abbandonando Gesù. Per molti martiri, continua, il “motore primo” fu senz’altro la carità verso qualcuno: Giovanni il Battista voleva riportare Erode Antipa sulla retta via; san Paolo morì, come narra il Baronio negli Annali, per “aver convertito alla santità e alla castità le donne che l’infame Nerone aveva corrotto”; san Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury fu ucciso nella sua Cattedrale per una questione che non riguardava la fede, ma la carità, e ancora “un gran numero di vergini e di martiri furono massacrati per lo zelo che avevano nel conservare la loro purezza, che la carità aveva fatto dedicare allo sposo celeste”. Alcuni, prosegue, si consacrano intensamente all’amore di Dio, tanto da perdere il sonno, l’appetito, la salute e anche la vita. Potrebbe sembrare un controsenso: l’amore di Dio fa perdere, volontariamente, il suo dono più prezioso, la vita. Ma non è così: Gesù non ha forse detto che non c’è amore più grande di colui che dà la vita per coloro che ama? L’amore è più forte della morte e per questo l’Autore soggiunge: “Quando l’ardore del santo amore è intenso, dà tanti assalti al cuore, lo ferisce così spesso causandogli molti languori, lo trasporta ad estasi e rapimenti così frequenti che tutta l’anima rapita in Dio trascura il corpo…, le energie vitali e le forze animali cominciano a venir meno, si abbrevia la vita ed arriva la morte”. Questo breve capitolo termina con il richiamo ad altrettanti santi che “ammalati di santa dilezione” hanno abbreviato il loro percorso terreno per unirsi più intimamente a Dio. Tranquilli, con molta probabilità a nessuno di noi il Signore chiederà questo, ma senz’altro ci chiede di sacrificare un po’ del nostro tempo per dedicarlo a Lui e a tanti fratelli e sorelle che sono nella sofferenza o nell’indigenza. In questo modo, la fede si allea con la carità e, insieme, apriranno per loro la strada della speranza.

Preghiamo con le parole della liturgia odierna

O Padre, che nel Cuore del tuo dilettissimo Figlio ci dai la gioia di celebrare le grandi opere del tuo amore per noi, fa’ che da questa fonte inesauribile attingiamo l’abbondanza dei tuoi doni. Amen

Ed oggi, che ne dite di qualche piccolo sacrificio in più? Buona giornata,

PG&PGR