Carissimi,
“Delle note caratteristiche del buon rapimento e del terzo tipo di esso” è il titolo del sesto capitolo che iniziamo oggi. Certamente ricorderete che nel quarto capitolo Francesco aveva parlato di tre tipi di estasi sacra e che il terzo riguardava “l’azione”, cioè i frutti dell’estasi; Gesù stesso, nel vangelo di Luca dichiara che un albero si riconosce dal suo frutto (Cfr. Lc 6,44). Vi proponiamo integralmente il brano iniziale del capitolo e, anche se è un po’ lungo, vi assicuriamo che vale la pena di leggerlo. Sentiamo cosa dice: “Ai nostri giorni si sono viste parecchie persone, Teotimo, che si credevano ed erano credute da quanti le conoscevano spesso rapite divinamente in estasi, ma alla fine si venne a scoprire che si trattava di illusioni e di inganni diabolici. Al tempo di sant’Agostino viveva un prete che andava in estasi quando voleva, col solo cantare o far cantare certe canzoni lugubri e lamentevoli, e ciò unicamente per soddisfare la curiosità di chi desiderava vedere tale spettacolo; ma quello che fa meraviglia è che la sua estasi era così profonda da non sentire neppure quando lo toccavano col fuoco, inoltre non respirava più e se qualcuno parlava con voce ben chiara egli lo sentiva come in grande lontananza. Gli stessi filosofi riconobbero l’esistenza di certe estasi naturali, causate da una forte applicazione della mente nella considerazione delle cose più sublimi. Non c’è quindi da meravigliarsi se il demonio, per scimmiottare le cose buone, ingannare le anime, scandalizzare i deboli e trasformarsi in angelo di luce, provochi dei rapimenti in qualche anima formata poco solidamente nella vera pietà”. Avete capito che cosa riesce a fare la “scimmia di Dio”? Se non vi dispiace, in aggiunta, citiamo un episodio simile tratto da una biografia di Pippo bono, san Filippo Neri: “In un convento di Roma viveva una monaca che godeva fama di grande santità. Correva voce fra il popolo che la religiosa, arricchita di doni celesti, conoscesse il futuro ed operasse prodigi meravigliosi. Quando il Papa venne a conoscenza di questo, mandò Padre Filippo in quel convento, perché vedesse che cosa vi fosse di vero sulle virtù taumaturgiche della religiosa. In quei giorni era piovuto molto e le strade erano tutte fangose, sicché Filippo arrivò al monastero con le scarpe tutte insudiciate di fango. Ivi chiese subito di parlare con la monaca creduta santa, la quale, appena scesa in parlatorio, con un profondo inchino, disse: “In che posso servirla”? Il Santo, che stava comodamente sdraiato sulla poltrona, senza neppure rispondere al saluto, le porse il suo piede dicendo: “Prima di tutto, Reverenda Madre, la pregherei di togliermi queste scarpe infangate e poi di pulirmele per bene”. La monachella si tirò indietro inorridita e, con parole molto risentite, fece le sue rimostranze contro un modo di procedere così villano, dicendo: “Mi meraviglio come voi vi permettete di farmi simili proposte”; Filippo tacque e alzatosi tranquillamente uscì dal convento per ritornare a casa. Presentatosi il giorno dopo dal Papa, per riferire sul risultato della sua missione, disse: “Beatissimo Padre, quella monaca certamente non è una santa e non fa miracoli, perché le manca la virtù fondamentale”. Il Santo sapeva troppo bene che la miglior prova della santità è l’umiltà” (Oreste Cerri, S. Filippo Neri, Ed. Il Villaggio del fanciullo, Roma, 1986, pp. 106-107).
Continueremo domani su questo argomento. Oggi ricorre la memoria di san Bonifacio, vescovo e martire, vissuto tra il VII e l’VIII secolo, grande evangelizzatore dei popoli germanici. Dunque, preghiamo con le parole della liturgia odierna
Interceda per noi, o Signore, il santo vescovo e martire Bonifacio, perché custodiamo con fierezza e professiamo con coraggio la fede che egli ha insegnato con la parola e testimoniato con il sangue. Amen.
Il commento al brano su san Filippo Neri, scritto in calce, diceva: Attenti ai falsi carismatici. Buona giornata,
PG&PGR