22 Maggio 2023: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

quando abbiamo iniziato a rileggere insieme il “Trattato dell’Amor di Dio” (era il 21 settembre dello scorso anno), davanti alla mole di lavoro che ci attendeva e, soprattutto alla profondità dell’Opera, non vi neghiamo che eravamo un po’ titubanti se non addirittura spaventati, coscienti di aver intrapreso “un’avventura” a dir poco impegnativa, quasi impossibile, considerati anche tutti gli impegni che la Parrocchia comporta. Ma con l’aiuto di Dio e del nostro Santo, abbiamo oltrepassato la metà del lavoro e apriamo, oggi, il Settimo Libro, proprio nel giorno in cui si fa memoria della “santa degli impossibili”, cioè santa Rita da Cascia. Coincidenza? Chissà! Il titolo generale di questo Libro è “Dell’unione dell’anima con Dio che si attua nell’orazione” dove il termine “orazione”, caduto un po’ in disuso nel linguaggio moderno, può essere sostituito con “preghiera” che è sempre e comunque il modo migliore per ringraziare, invocare e lodare Dio con un sentimento profondo che nasce dal cuore. Apriamo, dunque, il primo capitolo nel quale il Salesio ci dice “in che modo nell’orazione l’amore attua l’unione dell’anima con Dio” inquadrando subito il concetto di fondo: Qui non parliamo dell’unione generica del cuore con il suo Dio, ma di certi atti e movimenti particolari che l’anima, raccolta in Dio, compie attraverso l’orazione, al fine di unirsi e congiungersi sempre più alla divina bontà”. Non si tratta, quindi, di “snocciolare” tante distratte preghiere come a volte ci capita di fare, ma di congiungersi intimamente a Dio in modo profondo, quasi un “fondersi” con Lui. Spiega, dunque, che non si tratta di una semplice unione come quella che si opera tramite un innesto di una pianta ad un’altra, ma di unione forte e intima “come vediamo che fa l’edera avvincendosi agli alberi; infatti non solo si unisce, ma si aggrappa e avvince così fortemente ad essi, da penetrare ed insinuarsi anche nella loro corteccia”. Il linguaggio del Nostro, ormai lo sappiamo bene, è sempre ricco di similitudini che tendono sempre a rendere più fluido il suo pensiero. In questo caso prende ad esempio l’amore del bambino per la mamma che lo sta allattando: “Il piccolo – dice – si getta con slancio tra le sue braccia…e osserva anche come la mamma lo accolga e lo stringa…quel bimbo si stringe e si avvince più che può al petto e al volto della mamma, e sembra che voglia immergersi e nascondersi in quel grembo tanto piacevole da cui è venuto”. C’è una sorta di “collaborazione” tra il bambino e la mamma, ma è quest’ultima che “per prima lo ha stretto tra le sue braccia e premuto sul suo seno”. Proprio come fa Dio con noi. Papa Luciani, il beato Giovanni Paolo I, durante l’Angelus del 10 settembre 1978, diciannove giorni prima di morire, disse: «Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Dio è papà, più ancora è madre». Questa affermazione “spiazzò” i “pezzi grossi” della Curia Romana…Attribuire a Dio non solo la paternità ma anche la maternità del genere umano, ad alcuni sembrò un concetto troppo moderno.  Forse non sapevano che Albino Luciani era un profondo conoscitore ed estimatore del pensiero di San Francesco di Sales…

Preghiamo chiedendo l’intercessione della “santa degli impossibili”

Dona a noi, Signore, la sapienza della croce e la fortezza, con la quale hai voluto arricchire santa Rita, perché portando la sofferenza con Cristo, partecipiamo più intimamente al suo mistero pasquale. Amen

Ed oggi, rivolgendoci nella preghiera a Dio che è Padre, non dimentichiamo la sua tenerezza di madre. Buona giornata,

PG&PGR