Carissimi,
partire da un concetto vicino alla nostra umanità per spiegarne un altro più elevato è quello che Francesco di Sales intende fare col quarto capitolo dal titolo “ Della compassione amorosa per mezzo della quale si chiarisce ancora meglio il significato della compiacenza amorosa”. Esordisce col dire che la compassione, la partecipazione al dolore di qualcuno, “non è altro che un affetto che ci fa partecipare alla passione e al dolore di colui che amiamo trasferendo nel nostro cuore la pena che egli soffre” Chi di noi, almeno una volta, non ha provato un sentimento del genere? L’Autore spiega che questa compartecipazione è chiamata anche misericordia “come a dire una miseria del cuore” che si apre alla partecipazione della sofferenza altrui così come la compiacenza trasferisce nel cuore dell’amante il piacere e la gioia della cosa amata. Infatti, continua il Salesio, ciò che avviene attraverso la compassione, aiuta a capire quello che avviene nella compiacenza in quanto è l’amore che produce entrambi gli effetti e rende comuni i beni e i mali degli amici. L’amore rende gli animi sempre più vicini: il bene dell’uno è il bene dell’altro e la stessa cosa si può dire della sofferenza. La compassione – aggiunge il Nostro – deriva la sua grandezza dall’amore che la genera”, sottolineando la partecipazione “dolorosa delle madri alle sofferenze del loro unico figlio” e facendo riferimento al dolore di Agar per la sofferenza del figlio Ismaele (Cfr. Gen 21,16). L’amore generato dalla compassione è capace anche di andare al di là delle offese e dell’ingratitudine: il re Davide piange per la morte del figlio Assalonne nonostante questi avesse tentato di usurparne il regno (Cfr. 2 Sam 19,1). Più avanti il testo fa riferimento anche al “cuore materno del grande Apostolo”, San Paolo che “muore tutti i giorni per i suoi cari figli spirituali” (Cfr. 1Co 11,29). E come non pensare, in questo contesto, a ciò che celebreremo tra meno di venti giorni: “Pensa come l’amore trasferisca tutte le pene, i tormenti, le fatiche, le sofferenze, i dolori, le ferite, la passione, la croce e la morte stessa del nostro Redentore nel cuore della sua santa Madre”. Anche se solo San Giovanni, nella sua narrazione evangelica, si sofferma a descrivere questo dolore della Vergine, il nostro Autore, seguendo la tradizione patristica afferma: “Gli stessi chiodi che crocifissero il corpo di quel Figlio divino crocifissero anche il cuore della Madre”, le stesse spine, la stessa sofferenza, gli stessi dolori presenti del Figlio, furono anche della Madre. Spontaneamente ci sorge questa domanda: ma all’uomo del terzo millennio, dormiente, stanco, egocentrico, incurante di tante sofferenze umane, questi dolori del Cristo dicono ancora qualcosa?
Preghiamo
Dio fedele e misericordioso, questo tempo di penitenza e di preghiera disponga i cuori dei tuoi fedeli ad accogliere degnamente il mistero pasquale e a proclamare il lieto annuncio della tua salvezza. Amen
E a noi, oggi, cosa dicono? Buona riflessione e buona giornata,
PG&PGR