Carissimi,
diverse volte abbiamo accennato al libero arbitrio che Dio ha concesso all’uomo per esercitare la sua libertà. Nel decimo capitolo che oggi iniziamo, Francesco di Sales ci invita a fare un salto di qualità con una “Esortazione a sacrificare a Dio il nostro libero arbitrio”. Alla figura di san Carlo Borromeo fa seguire quella di Abramo “come viva immagine del più forte e leale amore che si possa pensare in qualsiasi creatura”.
Siamo certi che tutti conoscono la storia del grande Patriarca considerato il padre degli Ebrei, dei Musulmani e dei Cristiani. Come certamente ricorderete egli, in obbedienza a Dio, lasciò la terra natia e si mise in cammino “con coraggio e ardore senza sapere dove andare”, lasciandosi tutto alle spalle: casa, parenti, beni. Ma, aggiunge il nostro Autore, “questo non è niente a confronto di quanto fece in seguito”: accettare la richiesta, da parte di Dio, del sacrificio del figlio Isacco, il figlio della promessa tanto atteso e desiderato. Per non dilungarci troppo vi invitiamo a rileggere i primi 19 versetti del capitolo 22 del libro della Genesi. Francesco, per farci capire meglio dove vuole andare a parare, fa un parallelismo, quanto meno particolare, tra il pensiero di Gesù che considera già adulterio il solo desiderare una donna (Cfr. Mt 5,28) con quanto fece Abramo dopo aver preparato l’altare sul quale stava per immolare Isacco: “Chi lega il figlio per immolarlo, nel suo cuore lo ha già sacrificato…sacrificio che non ha l’uguale, sacrificio che non è possibile stimare e lodare abbastanza”. I teologi di tutti i tempi si sono sempre trovati in accordo nel leggere questo episodio biblico in chiave cristologica anche se, in un certo senso, l’epilogo è stato diverso in vista della salvezza dell’umanità. Giunto a questo punto il de Sales si pone una inaspettata domanda: quale dei due amori è stato il più grande? Quello di Abramo che “per piacere a Dio immola (col pensiero) il figlio tanto amabile, o quello del figlio che, per piacere a Dio, accetta di essere immolato…?” E come di consueto ci dà anche la risposta che vogliamo riportare integralmente: “Per conto mio, preferisco il padre nella longanimità (leggi generosità), ma do pure senza alcun dubbio il premio della magnanimità al figlio. Da un lato è veramente una meraviglia, ma non così grande, vedere Abramo, già vecchio e molto sperimentato nella scienza di amar Dio, e fortificato dalla recente visione e parola divina, fare quest’ultimo sforzo di fedeltà e di dilezione verso un maestro, di cui aveva così spesso sperimentato ed assaporato la soavità e la provvidenza; ma vedere Isacco, nella primavera della vita, ancora novizio e principiante nell’arte di amare il suo Dio, offrirsi, sulla sola parola del padre, al ferro e al fuoco per essere olocausto di obbedienza alla divina volontà, è cosa che sorpassa ogni ammirazione”. Gran bella cosa il libero arbitrio ma, spesso, ci mette nei guai…
Oggi con tutta la Chiesa celebriamo la memoria di san Luigi Gonzaga che, durante la peste che fece strage a Roma alla fine del XVI secolo, nell’intento di soccorrere un appestato, immolò la sua giovane vita…aveva solo 23 anni.
Preghiamo
O Dio, principio e fonte di ogni bene, che in san Luigi Gonzaga hai unito in modo mirabile l’austerità e la purezza, fa’ che per i suoi meriti e le sue preghiere, se non lo abbiamo imitato nell’innocenza, lo seguiamo sulla via della penitenza evangelica. Amen
E noi, a chi diamo il “primato” tra Abramo e Isacco, tra il Padre e il Figlio? Consideriamo che tanto il Padre quanto il Figlio, hanno un unico desiderio: quello di salvarci.
Buona giornata e auguri a tutti i Luigi che conosciamo.
PG&PGR