Carissimi,
giunti a questo punto ci si potrebbe chiedere: è meglio avere tante piccole virtù o averne solo una, ma grande? Francesco di Sales risponde a questo “quesito” citando due personaggi biblici: Giosuè, il grande condottiero degli Israeliti, successore di Mosè, e Sansone, colui che, da solo, teneva testa ai nemici di questo popolo. Dice il Nostro: “Certamente Giosuè sconfisse valorosamente i nemici di Dio conducendo con avvedutezza gli isdraeliti di cui ebbe il comando; ma Sansone li sconfisse ancora più gloriosamente, perché, con le sue mani, armato di una mascella d’asino, ne uccise migliaia,,,; Giosuè…impiegando il valore delle truppe, faceva meraviglie; ma Sansone, con la sua forza, faceva miracoli”. Il valore di Giosuè è stato quello di essersi messo al servizio di Dio fidandosi di Lui e comandando saggiamente il suo esercito; quello di Sansone di avere messo la sua forza, dono di Dio, al Suo servizio arrivando a sacrificare la sua stessa vita. Commenta, dunque, il Salesio: “L’anima celeste eccelle in entrambi i modi: infatti, se trova delle virtù in un’anima…le vivifica. Le comanda e le impiega felicemente al servizio di Dio; e per il resto delle virtù che non trova, compie egli stesso le loro azioni, avendo da solo altrettanta ed anche più forza di quanto non potrebbero avere tutte insieme le virtù. Sansone batte Giosuè…ma ai calci di rigore! Il de Sales, continuando nel suo discorso, torna al pensiero di san Paolo che non dice soltanto che la carità ci rende pazienti, benigni, costanti e semplici, “ma dice che essa stessa è paziente, benigna, costante; ed è la caratteristica delle massime virtù tra gli Angeli e gli uomini, non soltanto di comandare alle inferiori di agire, ma di poter compiere direttamente in prima persona tutto quello che comandano le altre”. Per farsi meglio comprendere aggiunge che un vescovo, quando ordina un sacerdote, gli conferisce tutte le facoltà proprie dell’Ordine presbiterale: quella di assolvere dai peccati, di celebrare l’Eucarestia, di spezzare la Parola di Dio, ecc. Tutte facoltà che egli stesso ha in forza dell’Ordine Episcopale che è “una virtù eminente che comprende tutte le altre inferiori”. Probabilmente ognuno di noi ha imparato da altri a fare ciò che fa: dalla mamma a cucinare o a stirare; dal papà a fare qualche lavoretto manuale; da qualche nonno a fare altro, ecc. Tutte cose che loro sanno fare bene. Pensiamo anche all’ambiente lavorativo: si è apprendisti per imparare un determinato mestiere da chi ha una più lunga esperienza. Ma chi insegna ha senz’altro la virtù di saper fare da solo un determinato lavoro. O, almeno, così dovrebbe essere…! A domani per terminare il capitolo.
Preghiamo
Concedi al tuo popolo, Dio misericordioso, di proclamare la potenza del Signore risorto, perché in lui, sacramento universale di salvezza, manifesti al mondo la pienezza della vita nuova. Amen
Mettiamoci oggi, alla scuola del Maestro: Egli ci insegna a vivere secondo l’amore del Padre, cosa che ha fatto fino alla fine. Buona giornata,
PG&PGR