Carissimi,
nella seconda parte del capitolo iniziato ieri, Francesco, citando il Profeta Ezechiele (18,27-30), afferma che tale è “l’onnipotenza dell’amore celeste o l’amore della celeste onnipotenza”: «Se l’empio si allontana dalla sua empietà e si comporta con equità e giustizia, darà la vita alla propria anima: convertitevi e fate penitenza delle vostre iniquità e l’iniquità non vi sarà causa di rovina vivificherà la sua anima. Convertitevi e fate penitenza delle vostre iniquità e l’iniquità non vi sarà causa di rovina». Questa ultima espressione “l’iniquità non vi sarà causa di rovina”, spiega, vuol dire semplicemente che il male causato sarà ampiamente perdonato. Allo stesso modo, prosegue, “oltre alle mille carezze che il figliol prodigo ricevette dal padre, fu reintegrato meglio di prima negli ornamenti, nelle grazie, nei favori e nella dignità che aveva perduto”. E Giobbe che è immagine del peccatore penitente, ci fa notare, “alla fine ricevette il doppio di tutto quello che aveva perduto” (Gb 42,10). E’ fuori di discussione, dunque, la misericordia di Dio. Ma quanta misericordia abbiamo noi nei confronti di chi ha sbagliato? Ricordiamoci del comportamento del figlio maggiore (Lc 15,30)… Lo stesso Concilio di Trento, ci ricorda il Nostro, aveva voluto che si incoraggiassero “i penitenti ritornati nella sacra dilezione di Dio eterno”. Il perdono di Dio, non dimentichiamolo, è sempre gratuito ed Egli “non dimentica le opere di coloro che, dopo aver perduto la dilezione a causa del peccato, la riacquistano con la penitenza”. Questa, se ricordate un po’ di catechismo, è una condizione essenziale per il perdono (e se il confessore non ve la dà sceglietevene una da soli, n.d.r.), insieme, evidentemente al pentimento sincero: questo aiuta la grazia a crescere. Ma attenzione: la grazia e la penitenza non ci “vaccinano” contro il peccato che è sempre in agguato, “ma è sufficiente, secondo il Concilio, che si muoia nella grazia e nella carità di Dio”. Facciamo ora bene attenzione a ciò che l’Autore dice proseguendo nella sua esposizione: “Dio ha promesso ricompense eterne alle opere dell’uomo giusto; ma se il giusto si allontana dalla sua giustizia con il peccato, Dio dimenticherà le giustizie e le opere buone da lui fatte. Se però in seguito il pover’uomo caduto in peccato si rialzerà e si rimetterà nel divino amore con la penitenza, Dio non si ricorderà più del suo peccato; e se non si ricorderà più del peccato, si ricorderà dunque delle precedenti opere buone e della ricompensa loro promessa, giacché il peccato, il quale solo le aveva tolte dalla memoria divina, è totalmente cancellato, abolito, annientato. Allora la giustizia di Dio obbliga la misericordia o meglio la misericordia di Dio obbliga la sua giustizia a tener conto nuovamente delle passate opere buone, come se non le avesse mai dimenticate”. Nel Samo 51, detto anche il Miserere, Davide supplicando il perdono al Signore, chiede anche la gioia di essere salvato e di sostenere in lui un animo generoso (v. 14). E Dio è sempre pronto a farlo anche nei nostri confronti.
Preghiamo
O Padre, principio della vera libertà e fonte di salvezza, ascolta la voce del tuo popolo e fa’ che i redenti dal sangue del tuo Figlio vivano sempre in comunione con te e godano la felicità senza fine. Amen
Ed oggi, sempre più consapevoli delle nostre debolezze, chiediamo al Signore la gioia di sentirci chiamati alla salvezza. Buona giornata,
PG&PGR