Carissimi,
per illustrare al meglio ciò Francesco di Sales dice nel lungo capitolo decimo che stiamo per iniziare, abbiamo dovuto fare ricorso alle riminiscenze di storia e filosofia che ormai erano state “archiviate” nel nostro cervello. Nel capitolo in questione il de Sales mette, momentaneamente, da parte, il lungo discorso sull’amore divino e sulla carità permettendosi una “Digressione sulla imperfezione delle virtù dei pagani” cioè quelle che, ad occhi e orecchie poco attente, potevano apparire come virtù senza esserlo veramente. I primi ad essere “imputati” sono gli stoici cioè coloro che sostenevano essere indispensabile il distacco dalle cose terrene per raggiungere l’integrità morale e intellettuale. Qualcuno potrebbe pensare che questa visione sia vicina a quella cristiana, ma il mistero dell’Incarnazione, di Dio che “sposa” la causa umana, divenendo in tutto, eccetto il peccato, simile agli uomini (Cfr. Fil 2,7) dice tutto il contrario. Il Nostro, a tale proposito, cita Plutarco, filosofo greco del I secolo dopo Cristo, che afferma: “Gli stoici si vantavano di essere esenti dalle passioni, senza paura, senza tristezza, senza ira, gente impassibile e che non muta; ma di fatto, vanno soggetti ai turbamenti, all’inquietudine, all’impetuosità e ad altri difetti”, come tutti, d’altronde. P. Balboni, in nota, fa notare che Francesco allude ad un opuscolo di Plutarco dal titolo “Gli stoici dicono cose ancora più assurde dei poeti”. E questo è tutto dire! “Buon Dio Teotimo, –si chiede il de Sales-, quale virtù poteva avere quella gente che volontariamente di proposito rovesciava tutte le leggi della religione?”. E questo anche se si trattava di una “religione” pagana! Seneca, continua l’Autore, uno dei grandi stoici dell’era imperiale, “aveva scritto un libro contro le superstizioni condannando l’empietà pagana con molta libertà”. Ma sant’Agostino afferma che quella libertà si trovava nei suoi scritti, ma non nella sua vita. Rifacendosi sempre al vescovo di Ippona, Francesco ne riporta chiaramente il pensiero e la critica che egli oppone agli stoici i quali sostenevano che «il saggio si doveva uccidere quando non poteva o non doveva più sopportare» le calamità di questa vita. Eppure, sottolinea Agostino, «questi affermano che il vero saggio, nonostante tutto, era sempre felice e la sua vita beata». Beffandosi di loro si chiede: «quale è la vita beata, per evitare la quale si fa ricorso alla morte! Se è beata, perché non vi rimanete?» Beh, anche Agostino, in quanto ad ironia, non scherzava!
Preghiamo
O Dio, che manifesti agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che egli è conforme. Amen
Il cristiano non accoglie le sofferenze, le inquietudini e il dolore stoicamente, ma per amore e con amore confidando nell’amore di Dio. Buona giornata,
PG&PGR