Carissimi,
oggi iniziamo il sesto capitolo che si presenta discretamente nutrito e il cui titolo è “Dell’eccellenza del valore sacro che l’amore conferisce alle azioni derivanti da se stesso e a quelle che provengono alle altre virtù”. Francesco di Sales inizia con una domanda: “Qual è questo valore che il santo amore conferisce alle nostre azioni?”
E’ lo Spirito Santo, attraverso san Paolo, a darci la risposta: “Ciò che ora è transitorio e di poco conto nella nostra tribolazione, opera in noi senza misura in sublimità un peso eterno di gloria” (Cfr. 2Co 4,17). E l’Autore spiega, pesando queste parole: “Le nostre tribolazioni, che sono così leggere da passare in un momento (che a noi sembrano essere tanto pesanti!), operano in noi il peso solido e stabile della gloria…la tribolazione produce la gloria, la leggerezza dà peso e gli attimi operano l’eternità”. E’ dunque la sofferenza, di qualunque tipo, accettata per amore, che dà valore facendoci guardare all’eternità. Poi continua a chiedersi: “Chi può conferire tanta virtù a quei momenti passeggeri e a quelle tribolazioni così leggere?” Per risponde ricorre ad un esempio: le stoffe molto preziose non sono tali per la lana in se stessa, ma per il colore che viene usato nella loro tintura. Allo stesso modo “le opere dei buoni cristiani sono di così grande valore, che per quelle ci viene dato il cielo; ma non è così perché procedono da noi e sono la lana dei nostri cuori, ma perché sono tinte del sangue del Figlio di Dio…in quanto il Salvatore santifica le nostre opere col merito del suo sangue”. Osserviamo un albero da frutta e vedremo che questa non nasce sul tronco, ma sui rami ed è facile intuire che il ramo la produce in forza del tronco e delle sue radici. Così anche noi “siamo uniti dalla carità al nostro Redentore, come le membra al capo; ecco perché i nostri frutti e le buone opere, traendo il loro valore da Lui, meritano la vita eterna”. L’Autore fa anche riferimento al bastone di Aronne, del tutto simile a quello delle altre tribù del popolo d’Israele e sul quale veniva inciso il nome del capo. Posti, per una notte, nella Tenda della Testimonianza, il mattino dopo il bastone di Aronne era fiorito, non certo per opera sua, ma per la scelta che Dio aveva fatto per indicare a quale tribù dovesse essere attribuito il servizio sacerdotale. Lo stesso Signore Gesù, durante l’Ultima Cena, dirà ai suoi: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla» (Gv. 15,5). Guardiamoci dalla vanagloria e quando operiamo il bene, magari anche sopportando qualche piccola sofferenza o privazione, ricordiamoci di ringraziare il Signore di averlo potuto fare.
Preghiamo
Assisti e proteggi sempre, Padre buono questa tua famiglia che ha posto in te ogni speranza, perché liberata dalla corruzione del peccato resti fedele all’impegno del Battesimo, e ottenga in premio l’eredità promessa. Amen
Incoraggiati e fortificati dalle parole del Signore, non scoraggiamoci, oggi, nel fare e il bene. Buona giornata,
PG&PGR