Carissimi,
l’amore di Dio, quindi, genera l’amore per il prossimo. Ma in che modo? Francesco afferma che “amare il prossimo per carità è amare Dio nell’uomo e l’uomo in Dio; è amare Dio soltanto per se stesso e la creatura per amore di Dio”. Senz’altro il comandamento di amare Dio è più grande di quello di amare il prossimo ma, come ha scritto qualcuno, “quando confidiamo nell’amore di Dio, possiamo essere più coraggiosi nell’amare la sua immagine “nascosta” nel nostro prossimo”. Il Salesio, a tale proposito, ci ricorda l’incontro tra Raguele e Tobia, figlio di Tobi, narrato nel libro di Tobia (7,1-8). Lo sintetizziamo dicendo che Raguele, vedendo Tobia che non conosceva, accompagnato da un’altra persona (era l’arcangelo san Raffaele), nota la somiglianza del ragazzo con suo cugino, che chiama fratello, Tobi. E quando Raffaele gli svela che quel ragazzo è un suo parente, lo abbraccia e lo bacia con tanto ardore fino a commuoversi. “Da dove viene quell’amore se non da quello che aveva per il vecchio Tobi suo padre, al quale quel ragazzo tanto assomigliava?”, si chiede l’Autore. Raguele non conosceva il giovane Tobia, ma essendo questi figlio di un uomo che egli reputava “ottimo e onesto” e per la sua somiglianza al padre, gli concede in sposa sua figlia Sara. Se avete tempo rileggete questo passo biblico molto significativo per il tema della somiglianza di ogni uomo con Dio. Prosegue il Nostro: “Vero Dio, Teotimo, quando vediamo un nostro prossimo creato a immagine e somiglianza di Dio, non dovremmo dirci scambievolmente: Guardate questa creatura, come assomiglia al Creatore?… Non dovremmo darle mille e mille benedizioni? E che? Per amor suo? No di certo! perché non sappiamo se sia in sé degna di amore o di odio. E perché allora? Per amor di Dio che l’ha formata a sua immagine e somiglianza, e quindi resa capace di partecipare della sua bontà nella grazia e nella gloria; per amor di Dio, dico, dal quale proviene, al quale appartiene, in virtù del quale esiste, nel quale si trova e al quale assomiglia in modo particolare”. Dunque l’amore del prossimo è sempre associato all’amore di Dio dal quale è generato. Quando ci relazioniamo con gli altri, anche con quelli meno simpatici, dovremmo ripensare alle parole che abbiamo appena letto, non vi pare? Il capitolo si conclude con queste parole: “Ma questo argomento dell’amore del prossimo esige una trattazione a parte, e supplico il supremo amante degli uomini di volerlo ispirare ad alcuno dei migliori suoi servi, poiché il compimento dell’amore verso la divina bontà del padre celeste consiste nella perfezione dell’amore verso i nostri fratelli e compagni”. P. Ruggero Balboni, in nota, dice che Francesco aveva in animo di scrivere un Trattato sull’amore del prossimo e gli aveva anche già dato un titolo “Filadelfo” (trad. dal greco: che ama i fratelli, ndr) prevedendolo in quattro parti. Avrebbe fatto parte delle opere concepite, come dice lui stesso «per servire Dio e la Chiesa con il rosario e la mia penna». Ma questo rimase uno dei tanti propositi mai realizzati dal de Sales. Noi ci permettiamo di dire che ciò che ha scritto è già abbastanza eloquente.
Preghiamo
O Dio, che hai creato l’uomo a tua immagine e somiglianza, dacci la forza di contribuire a realizzare, nel nostro piccolo, il sogno di una umanità più solidale e rispettosa di tutti e di tutto. Amen.
E se questo Trattato “mancato”, di Francesco, provassimo a scriverlo noi con la nostra vita di tutti i giorni? Buona giornata,
PG&PGR