Carissimi,
eccoci, come preannunciato ieri, al secondo racconto che Francesco di Sales attinge dalla “Lettera a Demofilo”, che san Dionigi Aeropagita invia al monaco Demofilo, per correggere la sua “bravata” che abbiamo letto ieri:
“Un pagano aveva sedotto e fatto ritornare all’idolatria un cristiano di Candia, convertito da poco alla fede. Carpo, uomo eminente in purezza e santità di vita, molto probabilmente vescovo della città, ne sentì un così grande sdegno che mai aveva provato l’uguale, e si lasciò portare tanto avanti da tale passione, che, alzatosi secondo il solito a mezzanotte per pregare, conchiuse fra sé e sé non essere ragionevole che uomini tanto empi vivessero più a lungo; per cui, mosso da grande indignazione, pregò la divina giustizia di far morire insieme fulminati i due peccatori, il pagano seduttore e il cristiano sedotto. Ma senti, o Teotimo, quello che fece Dio per correggere l’asprezza della passione, da cui era trasportato il povero Carpo. Anzitutto gli fece vedere, come a un altro santo Stefano, il cielo aperto e Gesù Cristo nostro Signore assiso sopra un grande trono, circondato da una moltitudine di angeli, che gli facevano corona in sembianza umana; poi vide la terra spalancata come un’orribile e vasta voragine, e i due traviati, ai quali aveva desiderato tanto male, sull’orlo del precipizio, tremanti e pressoché morti dallo spavento, perché stavano per piombare là dentro, attratti giù da una parte da gran numero di serpenti, che, sbucati da quell’abisso, si avvinghiavano alle loro gambe, e con le code li stuzzicavano e ne provocavano la caduta; e dall’altra parte certi uomini li spingevano e li colpivano per farli cadere, tanto che sembravano allora sul punto di sprofondare in quel precipizio. Ora considera, ti prego, Teotimo, la violenza della passione di Carpo. Infatti, come raccontò poi egli stesso a san Dionigi l’areopagita, non si curava affatto di contemplare il Signore e gli angeli che gli si mostravano nel cielo, tanto era contento di vedere laggiù la spaventevole angoscia di quei due poveri disgraziati, rincrescendogli solo che tardassero tanto a perire; onde cercava lui stesso di farli precipitare. Non potendovi riuscire così presto, se ne indispettiva e li malediceva, finché da ultimo, alzando gli occhi al cielo, vide il dolce e pietosissimo Salvatore, che, mosso da somma pietà e compassione di quanto accadeva, si alzò dal trono, e, sceso fin dove stavano i due poveri infelici, tendeva loro la mano soccorrevole, mentre anche gli angeli, da una parte e dall’altra, li tenevano perché non cadessero nella spaventosa voragine. E per conclusione, l’amabile e mansueto Gesù, volgendosi all’adirato Carpo: Su, Carpo, gli disse, percuoti pure me; sono pronto a patire ancora una volta per salvare gli uomini, e lo farei volentieri, se ciò fosse possibile senza peccati di altri uomini. Inoltre rifletti a quello che sarebbe meglio per te; o stare in quella voragine con i serpenti, o dimorare con gli angeli, che sono i grandi amici degli uomini”. Il de Sales commenta brevemente dicendo che, nonostante lo zelo, Carpo si era lasciato andare ad un’ira eccessiva e l’odio per il peccato aveva ceduto il passo all’odio per il peccatore “dimenticando” l’origine dello zelo stesso: la carità.
Preghiamo con le parole della liturgia odierna nella festa della Cattedra di san Pietro:
Concedi, Dio onnipotente, che tra gli sconvolgimenti del mondo non si turbi la tua Chiesa, che hai fondato sulla roccia con la professione di fede dell’apostolo Pietro. Amen
Oggi, una preghiera particolare per Papa Francesco che con tanta fiducia, coraggio e abnegazione continua a condurre la “barca di Pietro”. Buona giornata,
PG&PGR