Carissimi,
nella speranza che il breve intervallo abbia favorito la riflessione, come ci aveva suggerito il nostro amico Francesco, riprendiamo il capitolo ottavo con il commento che egli fa dopo averci fatto conoscere la vicenda del prete Saprizio e di Nicefero. Il coraggio del primo nell’affrontare la tortura viene meno al momento decisivo tanto che, pur di avere salva la vita, rinnega la sua fede sacrificando agli dei. In realtà, possiamo aggiungere, l’aveva già rinnegata negando il perdono al povero Niceforo che, con un atto di carità profonda, prende il suo posto sul patibolo. La corsa di Saprizio verso la santità, sottolinea il Salesio, peraltro già rallentata dalla negazione del perdono “si interruppe e, mentre stava per giungere a conseguire il premio della gloria con il martirio, cade malamente e si ruppe l’osso del collo, battendo con la testa nell’idolatria”. Molto colorita questa espressione, ma rende bene l’idea! L’Autore prosegue dialogando con Teotimo, cioè con ognuno di noi: “E’ dunque vero, Teotimo mio, che non ci è sufficiente amare Dio più della nostra vita, se non l’amiamo in tutto in modo assoluto e senza eccezione alcuna, più di tutto ciò che amiamo e possiamo amare”. Ma, controbatte il Timoteo di turno, il Signore Gesù “Non ha indicato l’estremo limite dell’amore che si può avere per Lui, quando ha detto «non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici?». Bonariamente e sapientemente Francesco risponde: “Senza dubbio, è vero Teotimo, che tra gli atti propri e la testimonianza dell’amore divino non c’è nulla di tanto grande quanto subire la morte per la gloria di Dio”. Questo è senz’altro il capolavoro della carità, ma “oltre ad esso ce ne sono molti anche altri che la carità ci chiede e li chiede tanto più ardentemente e insistentemente in quanto sono atti più facili, più comuni ed abituali per tutti gli amanti e, generalmente, più necessari per la conservazione del sacro amore”. Quanto sono vere e attuali queste parole! Nelle nostre comunità si incontrano tante persone che, in diversi modi, alcuni anche molto impegnativi, offrono il loro tempo trascurando, però, altri impegni meno gravosi, ma non meno utili come, ad esempio, pregare un po’ di più, accostarsi più frequentemente al sacramento della Riconciliazione, dare una mano in casa, ecc. Pensiamo ai giovani della nostra parrocchia che la domenica mattina, dopo la messa e gli altri impegni come animatori dei gruppi dell’Oratorio, restano fino all’ora di pranzo a chiacchierare sulle scale della canonica quando potrebbero dare una mano anche a casa per… “apparecchiare” la tavola, ad esempio. «Ma…tanto c’è mamma, o nonna, che lo fa!» è la loro giustificazione. E alla nostra, ormai storica domanda: «Ma nun ce l’avete ‘na casa?», reagiscono con un sorriso sornione.
Preghiamo
Signore aiutaci a riscoprire la bellezza dell’impegno cristiano anche nelle piccole cose, in quelle ordinarie della vita di tutti i giorni, in quelle umili che non danno la soddisfazione delle grandi imprese. Amen
Ed oggi, qualche piccolo atto di carità verso il nostro prossimo, potrebbe aiutarci a gustare anche le cose semplici, ben fatte. Buona giornata,
PG&PGR