Carissimi,
“Modo di riconoscere la trasformazione che subisce il santo amore” è il titolo del decimo capitolo che, lo diciamo in partenza, sarà un po’ complicato. Francesco porta l’esempio dell’usignolo (leggi, il salmista) che può cantare per due motivi che sembrano essere uguali, ma hanno una sostanziale differenza: canterà il canto che saprà essere più gradito alla divina provvidenza oppure canterà per far piacere a se stesso? Tradotto in parole più semplici: Il bene che noi facciamo è per far piacere a Dio (e al prossimo) o per trovare in noi stessi una sorta di “compiacimento”? Tornando all’usignolo, il de Sales dice: “Di due canti ugualmente divini, è possibile che uno venga cantato perché è divino, e l’altro perché piace”. Per chiarire, cita il passo del libro della Genesi (29,15-30), dove si parla dei due matrimoni di Giacobbe: “Rachele e Lia sono entrambe spose di Giacobbe; ma l’una è amata da lui soltanto come sposa, l’altra anche perché è bella”. In effetti Giacobbe, per poter sposare Rachele del quale si era follemente innamorato, fu costretto, con l’inganno, a sposare prima Lia, bruttina a dire il vero. Senza dubbio ogni uomo e ogni donna di fede è chiamato ad amare Dio ma, specifica il Nostro, ognuno secondo la propria vocazione: vescovi, religiosi, sposi (ne aveva già parlato nella Filotea). I “ruoli” non vanno confusi e non è scritto da nessuna parte che il vescovo, perché tale, ama Dio più del religioso/a e che questi, proprio perché tali, lo amino più di chi è sposato: nel disegno di Dio ognuno ha un suo compito, un suo modo per poter rendere gloria a Dio e confondendo le vocazioni si corre il rischio di dare più considerazione alla soddisfazione che si può provare amando Dio che all’amore stesso nei Suoi confronti. Aggiunge l’Autore: “Confesso che è difficile ammirare a lungo e con piacere la bellezza di uno specchio, senza ammirarvi se stesso, anzi senza provar piacere ad ammirarvisi; ma vi è differenza fra il piacere provato nel guardare uno specchio perché bello, e il gusto di guardare in uno specchio perché ci si vede se stesso. Allo stesso modo è certamente difficile amare Dio senza amare insieme il piacere che si prova nel suo amore; pur tuttavia esiste gran differenza fra il piacere che si ha nell’amare Dio perché è bello, e quello che si prova nell’amarlo perché il suo amore ci diletta. Bisogna sforzarsi di cercare in Dio solo l’amore della sua bellezza e non il piacere che si prova nella bellezza del suo amore”. Anche noi confessiamo che è una distinzione non semplice da comprendere…!
Le preghiere di questo periodo di Avvento, tranne alcune eccezioni, saranno prese dalla liturgia del giorno.
Preghiamo
Il tuo aiuto, o Padre, ci renda perseveranti nel bene in attesa del Cristo tuo Figlio; quando egli verrà e busserà alla porta ci trovi vigilanti nella preghiera, operosi nella carità fraterna ed esultanti nella lode. Amen
Non spremiamo troppo le meningi per comprendere pienamente quanto abbiamo letto; fidiamoci di Francesco e, soprattutto, di Dio. Buona giornata,
PG&PGR