Carissimi,
“La santa indifferenza si estende a tutte le cose” è il titolo del quinto capitolo. Il de Sales, allargando il discorso sull’indifferenza dice chiaramente che essa “deve essere praticata in ciò che riguarda la vita naturale, come la salute, la malattia, la bellezza, la bruttezza, la debolezza, la forza; negli aspetti della vita civile, come gli onori, il rango sociale, le ricchezze; nelle varie situazioni della vita spirituale, come aridità, consolazioni, piaceri, privazioni; nelle azioni, nelle sofferenze, in conclusione, in ogni circostanza”.
Dobbiamo riconoscere che siamo molto distanti da questa mentalità: la salute e la malattia ci preoccupano e tante volte rasenta l’ipocondria; la ricercatezza nell’aspetto esteriore rende i centri-benessere e le palestre affollati…certamente più delle chiese; per quanto riguarda l’aspetto della vita civile è sempre aperta la corsa ai posti migliori e l’arrivismo, il potere e il denaro la fanno da padroni. E la vita spirituale? Per molti sembra non esistere proprio. Sì, lo ripetiamo, siamo molto lontani da quel Giobbe che il Nostro ci ha ricordato più volte parlando della rassegnazione/pazienza: “Ulcerato dalla piaga più orribile che si fosse mai vista…deriso, beffeggiato, insultato anche da coloro che gli erano più vicini…gravato da malanni, oppressioni, angosce, tenebre…da ogni sorta di intollerabili dolori interiori…” Eppure, tutto accoglie con santa indifferenza dalla quale siamo molto lontani anche noi preti! Farà bene a tutti rileggere il brano di 2Co 6,4-10 dove l’Apostolo chiede una generale indifferenza per essere veri servitori di Dio mostrando «molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!» Chissà quante volte, specialmente noi preti, abbiamo letto questo passo che è valido per ogni credente, per tutti coloro che accolgono la Parola di Dio come parola di Vita. Per oggi ci fermiamo qui e visto che ricorre la memoria di santa Elisabetta d’Ungheria, citata spesso dal Salesio, preghiamo con le parole della liturgia:
O Dio, che a sant’ Elisabetta, hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo nei poveri, concedi anche noi, per sua intercessione, di servire con instancabile carità
coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Amen
Se oggi avremo un po’ di tempo, rileggiamo qualche versetto del testo di san Paolo. Buona giornata,
PG&PGR