Carissimi,
nel capitolo ottavo, che oggi iniziamo, il de Sales ci offre una “Meravigliosa esortazione di San Paolo alla vita estatica e soprannaturale”. Come avrete notato egli, molto spesso, fa riferimento agli scritti paolini e spiega il perché di questa sua “preferenza”: “Mi sembra che san Paolo ci rivolga la più energica, la più pressante e la più meravigliosa esortazione che sia mai stata offerta per condurci tutti all’estasi e al rapimento della vita e dell’azione”.
Da sottolineare quel “tutti”…! Nella seconda lettera ai Corinti (5,14), l’Apostolo delle Genti afferma con decisione: «La carità di Gesù Cristo ci spinge». Francesco ci fa notare che Paolo parla a se stesso e a tutti noi in quanto “niente fa pressione sul cuore dell’uomo amato quanto l’amore”. Per meglio comprendere certe forti espressioni paoline e, soprattutto, quelle della lettera appena citata, bisogna sapere che la città di Corinto «era un centro di cultura greca (cioè pagana), dove si affrontavano correnti di pensiero e di religione molto differenti tra loro, con un rilassamento dei costumi che la rendeva tristemente celebre, Il contatto della giovane fede cristiana con questa capitale del paganesimo doveva porre per i neofiti (cioè i neo convertiti dal paganesimo, n.d.r.) numerosi e delicati problemi». Questo spiega la forza degli interventi di Paolo. Ma in che cosa consistono le esortazioni dei suoi scritti come preannunciato nel titolo del capitolo? Ci sollecitano all’unione estatica e soprannaturale con Cristo che è morto per tutti e di conseguenza, sottolinea il Nostro, “tutti sono morti nella persona di quell’unico Salvatore che è morto per loro”. Ma in che cosa consiste questa “unione”? Risponde che il Signore Gesù, morendo per noi, ha desiderato che ci conformassimo a lui al fino di non vivere più per noi stessi, ma per lui: “Cristo Gesù è moro per noi, ci ha dato la vita con la sua morte; noi viviamo soltanto perché egli è morto, ed è morto per noi, a nostro vantaggio e in noi: la nostra vita non è dunque più nostra, ma appartiene a colui che ce l’ha acquistata con la sua morte. Noi non dobbiamo dunque più vivere da noi, ma da lui; non in noi, ma in lui; non per noi, ma per lui”. Forse noi, questa unione intima con il Signore Gesù, la diamo per scontata, ma probabilmente qualcosa ci sfugge. Proviamo a chiederci se siamo davvero pronti a fargli spazio nel nostro cuore, uno spazio che non sia relegato a qualche momento “di grazia”, ma che coinvolga tutto il nostro essere e il nostro agire. San Paolo, scrivendo ai Filippesi (2,5-11), ci invita ad avere, sempre, gli stessi sentimenti che furono nel Cristo che, pur essendo Dio, ha spogliato e umiliato se stesso, ha assunto la condizione umana, la condizione di servo facendosi obbediente «fino alla morte e alla morte di croce». Avere gli stessi sentimenti di Cristo: in questo sta la vera estasi, la vera vita soprannaturale che siamo invitati a vivere in questo mondo.
Preghiamo
Signore Gesù che sei morto per me, aiutami ad avere i tuoi stessi sentimenti, a mettere da parte me stesso per accoglierti nei miei fratelli e nelle mie sorelle e soprattutto in coloro che sono toccati dalla povertà e dalla sofferenza. Amen
Ed oggi, se ne avete il tempo, rileggete l’inno cristologico di Filippesi 2,5-11, magari aggiungendo i versetti da 12 a 15. E’ un ottimo programma di vita ascetica calata nella vita di tutti i giorni. Buona giornata,
PG&PGR