Carissimi,
chissà quante volte abbiamo usato, o udito, l’espressione “essere in estasi” o “essere rapiti” di fronte a spettacoli della natura, ascoltando della buona musica o davanti a un’opera d’arte…cose che ci hanno “estasiato” lasciandoci, per così dire, senza fiato. Francesco di Sales, nel quarto capitolo, ci parla del “rapimento in generale e del suo primo tipo”, sottintendendo che ce ne sono anche altri. Nel suo linguaggio estasi e rapimento sono termini interscambiabili; dice infatti: “L’estasi si chiama rapimento perché per mezzo suo Dio ci attira e ci innalza a sé; e il rapimento si chiama estasi in quanto per mezzo suo usciamo e rimaniamo fuori e al di sopra di noi stessi per unirci a Dio”. Probabilmente qualcuno tra noi ha avuto l’occasione di ammirare “l’estasi di Santa Teresa”, scultura del Bernini, qualche tela, di vari autori, raffigurante “l’estasi di San Filippo Neri” o ancora “l’estasi di Santa Caterina da Siena, del Carracci, conservato nella Galleria Borghese a Roma. Questo, però, non deve farci pensare che l’estasi o il rapimento riguardino solo le “anime elette” e che lo stato estatico rendesse, in modo permanente, “estraneo” il mondo che li circondava. La storia ci dice che, nonostante questi alti momenti di grazia, essi si sono calati appieno nelle vicende storiche e sociali del loro tempo. Francesco, però, con decisione, ci fa anche notare che lo spirito del male, la “scimmia di Dio”, è sempre in agguato per ingannare l’uomo e attirarlo “nell’estasi infame o rapimento abominevole che travolge l’anima quando, con gli allettamenti dei piaceri animali, viene portata fuori dalla propria dignità spirituale e al di sotto della sua condizione naturale”. Anche in questa estasi del male, l’anima “è rapita e trascinata fuori di se stessa” perdendo l’uso della ragione e dell’intelligenza e, come dice Ippocrate “l’uomo che si trova in tale situazione sembra essere caduto in uno stato epilettico, tanto lo spirito risulta come assente e perduto”. Il Nostro conclude questa parentesi sull’estasi malvagia citando il terzo versetto del Salmo 4: «O uomini, fino a quando sarete così insensati (duri di cuore)?» tanto “da voler calpestare la vostra dignità naturale?” Tornando poi alle “estasi sacre” dice, come accennavamo all’inizio, che sono di tre tipi: “una intellettiva, l’altra affettiva, la terza operativa. La prima è luce, la seconda fervore, la terza azione; la prima è fatta di ammirazione, la seconda di devozione, la terza di opere”. Il primo tipo, che riguarda l’intelletto, nasce dall’ammirazione per qualcosa di inaspettato e che si scopre. Il testo cita la meraviglia della regina di Saba che trova in Salomone una sapienza superiore a quella che si aspettava (Cfr. 1Re 10,5) e quella dei Giudei di fronte alla sapienza di Nostro Signore (Cfr. Mt 13,54-56). Ma non succede la stessa cosa anche a noi di fronte alle cose belle, buone e piacevoli che non conoscevamo o conoscevamo solo per sentito dire? Vediamo, ascoltiamo, scopriamo, ammiriamo, approfondiamo; siamo un po’ come dei cercatori d’oro, dice Francesco, che, dopo aver trovato una buona vena, scavano con più fervore. La stessa filosofia ha avuto origine dall’ammirazione e dall’attenta ricerca delle cose naturali e la stessa ammirazione ha dato origine “alla contemplazione e alla teologia mistica”. Sarà un caso (?), ma proprio oggi la Chiesa fa memoria di san Giustino (2° sec.) che proprio attraverso la filosofia e l’ammirazione per i cristiani, arrivò alla fede e la testimoniò col martirio.
Preghiamo
O Dio, che hai donato al santo martire Giustino una mirabile conoscenza del mistero del Cristo, attraverso la sublime follia della Croce, per la sua intercessione allontana da noi le tenebre dell’errore e confermaci nella professione della vera fede. Amen
Ed oggi, ammirando le cose belle della vita di fede, potremmo fare una “puntatina” verso una maggiore ammirazione dell’opera di Dio. Buona giornata,
PG&PGR