Carissimi,
a questo punto Francesco di Sales si lancia in uno dei suoi “voli poetici” per descrivere in quale modo il Signore accoglie l’anima devota che si affida a Lui. Per brevità riportiamo solo alcune di queste espressioni: “(Nostro Signore) l’attira a sé…fa convergere tutte le sue potenze nel grembo della propria dolcezza più che materna…la stringe, la unisce a sé…baciandola col sacro bacio…”
A questo slancio d’amore l’anima “non soltanto acconsente e aderisce all’unione che Dio opera, ma vi collabora con tutte le sue capacità”. Ma, sottolinea il Salesio: “l’unione e il legame a quella suprema dolcezza dipendono completamente dall’azione divina, senza la quale (l’anima) non sarebbe in grado di fare il benché minimo sforzo per unirsi ad essa”. E’ sempre Dio che muove il primo passo verso di noi e, nonostante la nostra buona volontà, senza l’iniziativa di Dio, proprio come ha detto il Signore Gesù, non possiamo fare nulla (Cfr. Gv 15,5). Tante volte, continua Francesco, noi usiamo delle espressioni particolari per dire che qualche cosa ci ha colpito in modo particolare: ascoltando un brano musicale particolarmente bello, noi diciamo, ad esempio, che quella musica incanta le orecchie; assistendo ad uno spettacolo o ad un discorso particolarmente interessante, diciamo che gli occhi si “incollano” sugli attori o sull’oratore, e così via. Queste sollecitazioni dei sensi nei confronti di chi suona o canta, di chi parla o recita, indicano l’attrazione che esse provocano in chi ascolta o guarda, facendoli diventare compartecipi. In modo simile “l’anima si strugge e si preme sul suo oggetto quando vi si affeziona con intensità; infatti la pressione non è altro che un progresso e un perfezionamento dell’unione e del congiungimento”. Vi sembra una visione esagerata? Forse le nostre esperienze di vita quotidiana possono essere un ostacolo, ma se ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio, se la facciamo nostra, potremmo trovarci a fare la stessa esperienza dei due “discepoli di Emmaus”: la delusione ha chiuso i loro occhi e il loro cuore, ma ascoltando le parole di quel “forestiero” ne furono talmente colpiti che “gli fecero pressione e lo misero alle strette per obbligarlo, con amorosa violenza, a rimanere con loro”(Cfr. Lc 24,29). Se non avessero insistito il forestiero avrebbe proseguito da solo nel suo cammino ed essi sarebbero rimasti con la delusione nel cuore. Eh sì! A volte, anche con il Signore bisogna insistere, “metterlo alle corde”, non “dargli tregua” quando sembra essere disinteressato ai nostri problemi. Ci viene in mente l’episodio della donna Cananèa che, chiedendo al Signore di guarire sua figlia, riceve da Lui un apparente rifiuto; poi, vista la sua fede e la sua insistenza, esaudì il suo desiderio (Cfr. Mt 15,21-28). Lo stesso Francesco, in crisi di “disperazione” di fronte alla tesi protestante della “predestinazione”, durante la sua giovinezza quando era studente a Parigi, fu liberato da questa angoscia entrando nella chiesa di Santo Stefano des Grès e pregando di fronte all’immagine di Nostra Signora della Liberazione, tanto cara ai parigini. Vi proponiamo la sua preghiera che, in qualche modo, possiamo fare nostra:
“O Signore, se non devo arrivare a vederti, almeno non permettere che ti maledica o che bestemmi mai! Se non posso amarti nell’altra vita, perché nessuno ti loda all’inferno, che almeno approfitti per amarti in tutti i momenti della mia breve esistenza quaggiù!”. Amen
Ed oggi andiamo avanti con la convinzione che, nonostante le nostre debolezze, il Signore ci ama. Buona giornata,
PG&PGR