Carissimi,
il nostro Francesco, preoccupato per la nostra comprensione di questa apparente “contraddizione” tra l’agro e il dolce e tra l’amore e il dolore, ci viene incontro con un ulteriore esempio: Se un giovanotto inizia una conversazione (con una ragazza – ndr) con libertà, schiettezza, molta allegria, senza preoccuparsi di se stesso, e quando esce è triste, chiuso malinconico, si può essere certi che l’amore, servendosi di sguardi, di moine, di parole e persino dei capelli di una piccola e fragile creatura, lo ha colpito al cuore con le sue frecce accuminate. Perché è triste? Perché è ferito. E chi l’ha ferito? L’amore!”
Eh, caro ragazzo, non tutte le ciambelle escono col buco! Quella dell’essere “colpiti” è una espressione usuale: si può essere colpiti da un libro (non in senso materiale!), da un film, da un brano musicale, da un’opera d’arte, ecc. Ma solo l’amore è capace di colpire e lasciare il segno. Ma poiché, si chiede il de Sales, l’amore è figlio della compiacenza, come può ferire e causare dolore (anche se la ciambella è uscita col buco)? Risponde alla sua stessa domanda: “Qualche volta l’oggetto prediletto è assente; in tal caso, Teotimo, l’amore ferisce il cuore eccitando il desiderio che, non potendo essere appagato, tormenta fortemente lo spirito”. Immaginiamo una ragazza che riceve una lettera, o una e-mail, dal moroso lontano (o viceversa) dove, tra le altre cose è scritto: «Come vorrei, in questo momento, essere vicino a te.» Quel desiderio “impossibile” non tormenterà il cuore dell’amato/a? Per rendere ancora più comprensibile questa convivenza tra l’amore e il dolore (non ce ne sarebbe bisogno, ma l’Autore vuole essere sicuro di essersi ben spiegato) ci viene offerto un ulteriore esempio: Se un’ape punge un bambino, hai un bel dirgli «Piccolo mio, l’ape che ti ha punto è la stessa che fa il miele che tu trovi così buono». Infatti risponderebbe: «Va bene, il suo miele è molto dolce al mio palato, ma la puntura è molto dolorosa, e finché il suo pungiglione rimane nella mia faccia, non posso darmi pace; non vedi che la mia faccia è tutta gonfia?» Povero piccolo, ha perfettamente ragione e, dunque, il Nostro aggiunge: “Senza dubbio l’amore è una compiacenza e, di conseguenza, è molto piacevole (come il miele), purché non lascia nel nostro cuore (la guancia) il pungiglione del desiderio; quando lo lascia, vi lascia insieme un grande dolore (il gonfiore)”. Perdonateci, ma qualche volta saremmo tentati di chiedere: A France’, ma ‘ndo li vai a trova’ ‘sti paragoni? Non ci risponde direttamente, ma prosegue nel suo discorso dicendo che spesso “il dolore proviene dall’amore, per cui è un dolore amorevole e quindi amabile”. Il Nostro cita, a questo proposito alcuni passi biblici: il Salmo 42, il brano del Cantico dei Cantici 5,8 e, in modo particolare, l’affermazione del Libro dei Proverbi (13,12): “Un’attesa troppo prolungata fa male al cuore” ma, ci permettiamo di aggiungere, lo rafforza. Per oggi ci fermiamo qui. Siamo certi che la vostra attesa non farà male al cuore, ma permetterà una maggiore riflessione.
Preghiamo
Donaci, o Padre, di uniformare la nostra vita al mistero pasquale che celebriamo nella gioia, perché la potenza del Signore risorto ci protegga e ci salvi. Amen
Oggi proviamo a ripensare che anche noi, qualche volta, siamo stati punti da un’ape… Buona giornata,
PG&PGR