Carissimi,
il decimo capitolo ha questo titolo: “Il desiderio di lodare Dio ci fa aspirare al cielo”. Sappiamo bene che un giorno questo nostro pellegrinaggio terreno avrà fine, ma in quanto cristiani, anche se il pensiero della morte ci rattrista, la fede ci offre la consolazione dell’immortalità futura. Senza troppe nostre “incursioni” nel pensiero di Francesco di Sales, oggi vi vogliamo proporre alcuni stralci di questo capitolo nel quale egli si lascia andare ad una sorta di visione paradisiaca “contemplando” in modo immaginario, anche se corroborato da tanti passi del libro dell’Apocalisse, le lodi che gli spiriti beati “cantano dinanzi al trono del Re celeste”. Ecco le sue parole: “Quale felicità ascoltare quella melodia della beata eternità…per cui si ode da ogni parte risuonare eternamente alleluia…voci che per la loro incomparabile dolcezza e soavità sono paragonate alla melodia di un’arpa…Dal trono divino esce una voce che non cessa di proclamare ai felici abitanti della gloriosa Gerusalemme celeste: date lode a Dio, voi che siete suoi servi e lo temete, grandi e piccoli…al che tutta quella innumerevole schiera dei Santi…risponde cantando: Alleluja, lodate Dio”. Una brevissima riflessione: A questa lode dovremmo unirci anche noi che siamo ancora su questa terra, nonostante le nostre imperfezioni. L’Autore continua con un palese riferimento ai tanti santi e sante che lo hanno preceduto e forse anche a se stesso: “Il cuore, dunque, che in questo mondo non può cantare né udire le lodi divine a suo piacimento, entra in un desiderio senza confronti di essere liberato dai vincoli di questa vita, per andare nell’altra dove si loda così perfettamente il celeste Diletto”. Senza farvi un riferimento diretto, Francesco pensa senz’altro a ciò che dice San Paolo: «Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il regno eterno»( Tm 4,18). Inoltre non può esimersi, in un tale contesto, a fare riferimento al suo omonimo di Assisi che, secondo quanto narra la “Cronaca dei Frati minori”, spirò pronunciando queste parole: «Libera da questa prigione la mia anima, o Signore, affinché benedica il tuo nome; i giusti mi aspettano fino a quando tu mi renderai la pace desiderata». In finale del capitolo l’Autore, interpretando il desiderio del “poverello” aggiunge questa preghiera:“O Signore della mia vita, per la tua dolcissima bontà, liberami, povero come sono, dalla gabbia del corpo, fammi uscire da questa piccola prigione. Affinché, liberato da questa schiavitù, possa volare lassù nel cielo dove mi aspettano i miei cari compagni, per unirmi ai loro cori e circondarmi della loro gioia! Là, Signore, unendo la mia voce alla loro, farò con essi una dolce armonia di arie e di accenti deliziosi, cantando, lodando e benedicendo la tua misericordia”. Ci piace pensare che una invocazione simile, sia stata pronunciata, anche solo mentalmente, da tante persone buone che hanno creduto profondamente nel Signore e che abbiamo conosciuto e amato. Con questo pensiero iniziamo oggi la Settimana Santa.
Preghiamo
Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unigenito Figlio.
Viviamo l’oggi con gioia pensando che un giorno il Signore ci accoglierà nella schiera immensa di coloro che lo hanno amato. Buona giornata,
PG&PGR