Carissimi,
siamo giunti al settimo capitolo nel quale Francesco vuole parlarci “del raccoglimento amoroso dell’anima nella contemplazione” dicendo subito quale sia la sua intenzione: “Non parlo qui, Teotimo, del raccoglimento con cui coloro che s’accingono alla preghiera si mettono alla presenza di Dio, raccogliendosi in se stessi, e ritirando, per così dire, la loro anima nel proprio cuore per parlare con Dio, poiché questo raccoglimento si attua per mezzo del comandamento dell’amore, che, incitandoci all’orazione, ci fa scegliere questo mezzo per farla bene, per cui siamo noi stessi ad operare questo raccoglimento del nostro spirito”.
Scusa la nostra curiosità caro Francesco, ma allora di cosa vuoi parlarci? Prontamente ci risponde: “Il raccoglimento di cui intendo parlare non si attua per comando dell’amore, bensì per l’amore stesso, cioè non lo facciamo noi stessi per elezione — non essendo in nostro potere averlo quando vogliamo e non dipendendo dalla nostra diligenza — ma è Dio che lo opera in noi con la sua santa grazia, quando a lui piace”. Quindi, se abbiamo ben capito, non si tratta tanto di obbedire ad un comandamento, seppur il più grande, come quello dell’amore, ma il renderci disponibili all’intervento della grazia divina che non chiede il nostro permesso ma, semplicemente, la nostra disponibilità. Insistiamo: ma come e quando si realizza questo tipo di raccoglimento? Pazientemente, il Salesio spiega che le nostre anime “attirano sempre a sé ciò che amano” e questo avviene naturalmente perché risponde alla nostra “sete” di amore. Per farci comprendere meglio si serve dell’esempio delle api che sono attratte da qualche profumo particolare e chiarisce dicendo che, qualche volta Nostro Signore pone in fondo al nostro cuore “una qual dolce soavità che testimonia la Sua presenza, e allora le potenze, compresi persino i sensi esteriori dell’anima, per un certo segreto consenso si volgono dal lato di quell’intima parte, dove si trova l’amabilissimo e carissimo Sposo”. Forse è capitato anche a voi di passare davanti ad una chiesa, sentire un forte bisogno di entrare per una preghiera, per uscirne poi con l’animo più sereno. Dio è il Signore delle nostre anime e talvolta ci sorprende ispirandoci momenti intensi che noi stessi non ci saremmo aspettati…perché cercavamo altrove. A tale proposito il Nostro cita due esempi: il primo si riferisce a Sant’Agostino che, nelle “Confessioni” scrive: «Dove andavo cercandoti, bellezza infinita! Ti cercavo fuori e tu eri dentro al mio cuore». Il secondo chiama in causa la Maddalena i cui “affetti e pensieri erano rivolti al sepolcro del suo Salvatore che lei cercava qua e là; e benché l’avesse trovato e le stesse parlando, li lasciava egualmente dispersi perché non si accorgeva della sua presenza; ma appena egli l’ebbe chiamata per nome, subito si raccolse in sé e si aggrappò ai suoi piedi: una parola sola la mise in raccoglimento”(Cfr. Gv 20, 11-16). Non accade anche a noi che i pensieri e le preoccupazioni, seppur legittimi, spesso ci impediscano di sentire la presenza del Signore? Ma se lasciamo aperte, anzi spalancate, le porte all’azione dello Spirito, potremmo sentire più facilmente la voce di Dio che ci chiama per nome.
Preghiamo con le parole della liturgia odierna
O Dio, che in questi giorni pasquali ci hai rivelato la grandezza del tuo amore, fa’ che accogliamo pienamente il tuo dono, perché, liberi da ogni errore, aderiamo sempre più alla tua parola di verità. Amen
Ed oggi proviamo a fare un po’ di silenzio attorno a noi per ascoltare meglio la voce del Signore. Buona giornata,
PG&PGR