Carissimi vicini e lontani,
dopo l’incidente di martedì scorso che mi ha costretto al ricovero in ospedale con una diagnosi di sei costole fratturate e qualche altra frattura che non sto qui ad elencare, ieri sono stato dimesso e, anche se con i dovuti accorgimenti ortopedici, posso riprendere, come previsto, i nostri incontri. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno pregato per me. Dovrò comunque osservare un periodo di riposo forzato. PG
Ed ora torniamo a noi.
La Pasqua che abbiamo vissuto avrà senz’altro rinnovato il nostro spirito e allora, senza indugio riprendiamo in nostro cammino insieme a San Francesco di Sales iniziando il sesto libro del TAD nel quale l’Autore ci parlerà “Degli esercizi del santo amore nell’orazione” cioè, come imparare ad amare di più Dio attraverso la preghiera. A dire il vero, il primo capitolo ha un titolo un titolo impegnativo: “Descrizione della teologia mistica che non è altro che l’orazione”. Non vi preoccupate troppo di fronte all’espressione “teologia mistica” e, soprattutto, non pensiamo soltanto all’esperienza dei grandi mistici del passato (e del presente). Ci rassicura ciò che P. Ruggero dice in nota: “Nella prefazione del Trattato il Sales afferma: «…Sono stato costretto a dire molte cose meno conosciute alla gente comune e che perciò sembreranno più oscure» (ce ne siamo accorti, caro Francesco! n.d.r.) Tuttavia, continua il “grande vecchio”, il Trattato sarà comprensibile non secondo il livello intellettuale, ma secondo quello spirituale, ossia l’essere «uomini (e donne) di preghiera». Grazie Ruggero che, anche dal Paradiso, ci aiuti a comprendere meglio il pensiero salesiano. Ed ora, così rassicurati, armati di buona volontà, andiamo al testo. Francesco dice: “Due sono i principali esercizi del nostro amore verso Dio; l’uno affettivo e l’altro effettivo, o, come dice San Bernardo, attivo”. Amare Dio, e ciò che Egli ama, è l’aspetto affettivo: chi di noi non ama Dio? Ma questo amore lo si può dimostrare solo “quando serviamo Dio e facciamo ciò che ci comanda; il primo ci unisce alla bontà di Dio, il secondo ci fa attuare la sua volontà”. L’esercizio affettivo ci porta alla compiacenza, alla benevolenza, agli slanci e desideri spirituali e permette al nostro spirito di “mescolarsi” con quello di Dio; quello effettivo, o attivo “infonde in noi la risolutezza solida, la fermezza del coraggio” facendoci accettare con amore tutto ciò che la Sua volontà ci pone davanti. Infatti Gesù, nel vangelo di San Matteo (7,21-27) afferma: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». Il de Sales continua: Il primo esercizio consiste principalmente nell’orazione, nella quale avvengono tanti movimenti interiori diversi, che è impossibile esprimerli tutti”. Il Signore, nella sua infinita sapienza, sollecita in modi diversi questi “movimenti interiori” del nostro spirito in quanto, ognuno di noi, ha un suo modo personale di “dialogare” con Dio: “Dio solo è colui che con la sua scienza infinita vede, scruta e penetra tutti i giri e rigiri dei nostri spiriti…” Quanto è vero e confortante questo! Domani riprenderemo il discorso.
Pur essendo nell’ottava di Pasqua, oggi ricorre la festa di San Giuseppe Moscati, il santo medico che all’amore affettivo per Dio, ha saputo unire quello effettivo della sua dedizione ai poveri ed ai sofferenti. Alla sua intercessione affidiamo tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito:
O Dio, che in San Giuseppe Moscati, medico e scienziato insigne, ci hai offerto un sublime modello di amore verso di te e verso i fratelli, fa’ che anche noi, per sua intercessione, vivendo l’autentica fede, sappiamo riconosce negli uomini il volto di Cristo Signore, per servire in essi Te solo. Amen
Il Signore che ci conosce meglio di noi stessi, guidi oggi i nostri passi. Buona giornata,
PG&PGR