Carissimi,
nel capitolo quinto, che oggi iniziamo, Francesco di Sales ci parla della “compassione e della compiacenza dell’amore nella passione di Nostro Signore”. Che strano! Parlare di compiacenza con riferimento ai fatti dolorosi di quel lontano primo venerdì santo… Ma, affrontando il testo capiremo quello che l’Autore vuole condividere con noi. Meditando sull’agonia di Gesù nell’orto degli Ulivi, quando la sua anima “era triste fino alla morte” (Mt 28,18), esclama: “Signore chi ha potuto portare la tristezza della morte nell’anima della vita, se non l’amore che, suscitando la commiserazione, ha attirato con essa nel tuo cuore sovrano le nostre miserie?” Di fronte ad “un tale abisso di sofferenza e di sconforto” non si può rimanere semplici “spettatori” senza provare un “dolore santamente amoroso”. Dolore e amore qui si fondono in un solo “sentire” e, riportando alcune espressioni del Cantico dei Cantici che, non lo dimentichiamo, è l’asse portante di tutto il Trattato, il de Sales si chiede: “Come potrebbe un’anima fedele vedere tanti tormenti in colui che ama più della propria vita, senza sentirsi completamente paralizzata, esangue e inaridita dal dolore?…ma poiché i dolori di colui che amo provengono dal suo amore, a misura che mi affliggono per compassione, mi dilettano per compiacenza”. Fermiamoci a meditare sulle sofferenze del Cristo, suggerisce il de Sales: non potremmo non provare una somma gioia nel vederci tanto amati dal Signore: “Per questo dunque la bellezza dell’amore si trova nella bruttezza del dolore”. Anche tra noi, creature limitate, ci si accorge maggiormente di quanto si ama o si è amati, quando si condivide la sofferenza e ci sembra di ravvisarne la conferma in questa espressione del Salesio: “L’amore rende uguali gli amanti” che giustifica facendo riferimento al “roveto ardente” che attrae l’attenzione di Mosè sul monte Sinai (Cfr. Es 3,2) e dal quale Dio, sempre innamorato del suo popolo, esprime la sua partecipazione e preoccupazione, per le sofferenze dovute all’oppressione degli egiziani. E così come Mosé si fa carico della liberazione del popolo eletto, il Salvatore, insieme alla croce, carica sulle sue spalle tutti i dolori dell’uomo di ogni tempo. Il testo continua: L’amatissimo divino amante soffre di dolori atroci…ma egli si compiace di soffrire…ama i suoi tormenti e muore del piacere di morire di dolore” per tutta l’umanità. In qualche modo anche noi siamo chiamati ad offrire la nostra sofferenza, piccola o grande che sia, seguendo l’invito di San Paolo: partecipare alle sofferenze del Cristo per condividere anche la sua gloria (Cfr. Rom 8,17).
Preghiamo
Padre buono, supplichiamo la tua misericordia perché, purificati dalla penitenza e santificati dalle buone opere, possiamo camminare fedelmente nella via dei tuoi precetti e giungere rinnovati alle feste pasquali. Amen
E se oggi ci troveremo a dover affrontare qualche sofferenza, chiediamo al Signore di darci la forza di trasformarla in un atto d’amore. Buona giornata,
PG&PGR