22 Marzo 2023: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

senz’altro ricorderete ciò che San Paolo raccomanda, nella lettera ai Romani (12,15): «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto». Certamente è più facile mettere in pratica la prima parte di questo versetto che non la seconda… anche, come dice Francesco di Sales, quando l’amicizia è “piccola: “La partecipazione al dolore deriva la propria grandezza anche da quella dei dolori che colpiscono le persone che si amano; infatti, per piccola che sia l’amicizia, se i mali che vediamo dover essere sopportati sono veramente gravi, i colpiti ci fanno una grande pena”. Proviamo a pensare alla pena che suscitano in noi le immagini di quei tanti fratelli e sorelle che, per mare o per terra, fuggono dai loro paesi a causa della guerra, della fame, dell’ingiustizia. E quanta commozione ha provocato in noi l’assistere, attraverso la televisione, a quel tristissimo corteo di camion militari che trasportavano le salme delle prime vittime del Covid; anche se per noi erano degli sconosciuti, questo non ha impedito al senso di pietà umana e cristiana di provare una stretta al cuore. Non possiamo non pensare anche a qualche funerale di persone amiche celebrato, in quei tristissimi giorni, nella nostra chiesa. L’Autore, per spiegare come anche le “piccole amicizie” possono provocare compassione nel cuore dell’uomo, cita il passo di Luca (23,27) che descrive il pianto delle donne di Gerusalemme durante la salita di Gesù verso il Calvario le quali “non potevano fare a meno di piangere su Nostro Signore, benché la maggior parte di esse non gli fosse molto affezionata”; come pure i non proprio ottimi amici di Giobbe che “proruppero in grandi lamenti allo spettacolo penoso della sua miseria”(Cfr. Gb 2,12-13). Anche quando la persona per la quale si prova pena è lontana dagli occhi, continua il Nostro, la compassione è sempre grande. Ma se gli eventi tristi ci rendono compartecipi del dolore, allo stesso modo, aggiunge, quelli gioiosi ci fanno partecipare alla letizia dell’altro e “quanto più l’amico ci è caro, tanto più proviamo piacere per la sua gioia, e la sua felicità penetra più profondamente nella nostra anima”. Il resto del capitolo è dedicato a commentare la figura di Giacobbe: la sua tristezza nell’apprendere la notizia (falsa!) della morte del figlio prediletto Giuseppe e poi la gioia di saperlo ancora vivo e, per di più, insignito della grande dignità di vicere d’Egitto. Questa predilezione per Giacobbe, dice in nota P. Ruggero, è data dall’alta considerazione che Francesco aveva per questo Patriarca che citava spesso nelle sue catechesi al popolo e al quale dedicò i sermoni di un intero anno. Il capitolo è concluso dal commento che il Salesio fa delle parole che Giacobbe pronuncia di fronte al ritrovato amato figlio: «Posso anche morire, questa volta, dopo aver visto la tua faccia, perché sei ancora vivo»(Cfr. Gen 46,30): Se la morte stessa non riesce a turbare la sua felicità, chi mai potrà alterarla? Se il suo piacere vive anche tra le sofferenze della morte, chi potrà spegnerlo? L’amore è forte come la morte (Ct 8,6), e le gioie dell’amore sorpassano le tristezze della morte”. Moltissimi anni dopo, nel 1996, Suor Maria Pia Giudici, scriverà: “La morte, di fatto finirà; l’amore dello Sposo e quello della sua Chiesa e di ogni anima sposa non finirà mai”.

Preghiamo

O Dio, che doni la ricompensa ai giusti e non rifiuti il perdono ai peccatori purificati dalla penitenza, abbi misericordia di noi, perché l’umile confessione delle nostre colpe ci ottenga la remissione dei peccati. Amen

Proviamo, oggi, a fare nostre le parole di Sant’Agostino: «La santa carità è così forte che alimenta le proprie fiamme e le proprie consolazioni in mezzo alle più tristi angosce della morte». Buona giornata,

PG&PGR