Carissimi,
eccoci di nuovo insieme con la speranza che la Solennità del Natale sia trascorsa in serenità e pace alimentando la nostra gioia e la contemplazione del mistero di un Dio che si fa uomo. Riprendiamo ora il nostro discorso, alla scuola di San Francesco di Sales che, al capitolo sedicesimo assegna questo titolo: “Come si pratica l’amore nella speranza”. Finalmente egli viene “allo scoperto” chiamando apertamente “speranza”, cosa che aveva fatto fino a questo punto solo velatamente, la virtù teologale che nasce dal cuore sollecitata dall’intelletto e dalla volontà. Ecco ciò che dice: “Quando l’intelletto umano si applica adeguatamente a considerare ciò che la fede gli presenta come suo sommo bene, immediatamente la volontà si compiace immensamente in questo divino oggetto, il quale, fino allora nascosto, fa nascere un ardentissimo desiderio della sua presenza, per cui l’anima esclama santamente: Mi baci con il bacio della sua bocca! Io sospiro solo a Dio; il mio unico desiderio è Dio” (Cfr. Ct 1,2). Evidentemente bisogna fare i conti con la nostra condizione umana che, continua il testo, per quanto la Fede possa averci tolto “il velo dell’ignoranza” costituisce sempre un freno che, però, può far aumentare il desiderio e cioè quell’anelito dell’anima verso Dio molto simile a quello della cerva verso l’acqua (Cfr. sal 42,2-3). Ma è giusto questo desiderio? La speranza, risponde il de Sales, lo rende tale altrimenti “sarebbe un desiderio inutile, anzi non servirebbe che a procurare un continuo martirio al nostro cuore, se non avessimo la certezza di poterlo un giorno soddisfare”. E’ questa l’azione della speranza che dà la forza di superare i momenti di tentazione, di debolezza, l’ansia e la mancanza di coraggio. E’ la speranza che, nelle difficoltà della vita di tutti i giorni, non ci fa dubitare delle promesse che Dio “ci ha fatto nella sua Parola e per mezzo delle ispirazioni, purché noi vogliamo servirci di quei mezzi che ha messo a nostra disposizione e che ci offre a tal fine”. La conferma di quanto il Nostro dice possiamo trovarla anche nelle parole di San Paolo (Rom 5,5-1): «Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». Pensiamo che molti di noi possano confermare che le prove della vita, la pazienza e la speranza non possono essere separate; per questo chiediamo al Signore di imparare ad affrontare tutte le nostre preoccupazioni e prove terrene con fede, con pazienza e senza mai perdere la speranza.
Oggi la Chiesa celebra la festa di san Giovanni apostolo. Con le parole della liturgia chiediamo la sua intercessione:
O Dio, che per mezzo dell’apostolo Giovanni ci hai rivelato le misteriose profondità del tuo Verbo: donaci l’intelligenza penetrante della Parola di vita, che egli ha fatto risuonare nella tua Chiesa. Amen
Ed oggi, come Giovanni nell’Ultima Cena, posiamo il nostro capo sul petto del Signore attingendo da Lui la forza per continuare sempre a sperare. Buona giornata,
PG&PGR