Carissimi,
quante volte abbiamo sentito, o usato, l’espressione “Ti amo da morire!” Un modo di dire che, senza dubbio, esprime il nostro amore verso qualcuno…Quello di Gesù non è stato un modo di dire, ma un fatto ben determinato. Leggiamo nella L.F.: “La prova massima dell’affidabilità dell’amore di Cristo si trova nella sua morte per l’uomo. Se dare la vita per gli amici è la massima prova di amore (cfr Gv 15,13), Gesù ha offerto la sua per tutti, anche per coloro che erano nemici, per trasformare il cuore”. In fondo il desiderio e la missione di Gesù verte proprio su questo: trasformare il cuore indurito dell’uomo secondo la profezia di Ezechiele (Cfr. 36,26): “Vi darò un cuore nuovo…toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”. Il culmine delle narrazioni evangeliche è, come la chiama Giovanni, l’ora di Gesù, l’ora della croce, della donazione suprema: “Gli evangelisti hanno situato nell’ora della Croce il momento culminante dello sguardo di fede, perché in quell’ora risplende l’altezza e l’ampiezza dell’amore divino. San Giovanni collocherà qui la sua testimonianza solenne quando, insieme alla Madre di Gesù, contemplò Colui che hanno trafitto (cfr Gv 19,37): « Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate » (Gv 19,35)”. Il Papa continua citando lo scrittore russo Fedor Dostoevskij (1821-1881): “Dostoevskij, nella sua opera “L’Idiota”, fa dire al protagonista, il principe Myskin, alla vista del dipinto di Cristo morto nel sepolcro, opera di Hans Holbein il Giovane: « Quel quadro potrebbe anche far perdere la fede a qualcuno». Il dipinto rappresenta infatti, in modo molto crudo, gli effetti distruttivi della morte sul corpo di Cristo”. In effetti il corpo straziato del Signore potrebbe far “traballare” una fede debole, che si ferma al dolore e non riesce ad andare oltre. Pensiamo alla Sacra Sindone! Ma il vero credente, insieme alla com-passione, prova, attraverso la fede, una reazione diversa in quanto, prosegue il Pontefice: “E’ proprio nella contemplazione della morte di Gesù che la fede si rafforza e riceve una luce sfolgorante, quando essa si rivela come fede nel suo amore incrollabile per noi, che è capace di entrare nella morte per salvarci. In questo amore, che non si è sottratto alla morte per manifestare quanto mi ama, è possibile credere; la sua totalità vince ogni sospetto e ci permette di affidarci pienamente a Cristo.[16] L’azione redentrice della morte del Signore trova la sua realizzazione nella Resurrezione, l’evento straordinario che illumina il credente e costituisce il cardine della sua piena e fiduciosa adesione all’amore di Dio: “Ora, la morte di Cristo svela l’affidabilità totale dell’amore di Dio alla luce della sua Risurrezione. In quanto risorto, Cristo è testimone affidabile, degno di fede (cfr Ap 1,5; Eb 2,17), appoggio solido per la nostra fede. « Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede », afferma san Paolo (1 Cor 15,17)”. Ci siamo mai chiesti quale significato avrebbe avuto l’evento della morte del Cristo se non fosse stato seguito dalla Resurrezione? Senz’altro un atto eroico, ma… Prosegue, infatti, Francesco papa: “Se l’amore del Padre non avesse fatto risorgere Gesù dai morti, se non avesse potuto ridare vita al suo corpo, allora non sarebbe un amore pienamente affidabile, capace di illuminare anche le tenebre della morte. Quando san Paolo parla della sua nuova vita in Cristo, si riferisce alla « fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me » (Gal 2,20). Questa “fede del Figlio di Dio” è certamente la fede dell’Apostolo delle genti in Gesù, ma suppone anche l’affidabilità di Gesù, che si fonda, sì, nel suo amore fino alla morte, ma anche nel suo essere Figlio di Dio. Proprio perché Gesù è il Figlio, perché è radicato in modo assoluto nel Padre, ha potuto vincere la morte e far risplendere in pienezza la vita”. Il Santo Padre conclude questo numero con una sua considerazione sulla cultura contemporanea in rapporto alla fede e afferma: “La nostra cultura ha perso la percezione di questa presenza concreta di Dio, della sua azione nel mondo. Pensiamo che Dio si trovi solo al di là, in un altro livello di realtà, separato dai nostri rapporti concreti. Ma se fosse così, se Dio fosse incapace di agire nel mondo, il suo amore non sarebbe veramente potente, veramente reale, e non sarebbe quindi neanche vero amore, capace di compiere quella felicità che promette. Credere o non credere in Lui sarebbe allora del tutto indifferente. I cristiani, invece, confessano l’amore concreto e potente di Dio, che opera veramente nella storia e ne determina il destino finale, amore che si è fatto incontrabile, che si è rivelato in pienezza nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo”.[17] In effetti che senso avrebbe il dirsi cristiani e poi piegarsi alla cultura di una società che, con le sue seduzioni, vorrebbe vanificare o, quanto meno, minimizzare il piano di salvezza che Dio stesso ha disegnato per l’uomo?
Preghiamo
Aiutaci, Signore, a confessare con fede la potenza e la concretezza del Tuo amore per noi e non permettere che le seduzioni del mondo ci facciano dubitare di Te. Amen
Ed oggi, attraverso la preghiera, un ulteriore atto di fede in Colui che ci ha salvati e redenti. Buona giornata,
PG&PGR