Carissimi
la mancanza di “parresìa”, cioè di fervore, di coraggio, che già denunciava San Paolo VI nel lontano 1975, oltre ad influire sulla vita della Chiesa, e il calo delle vocazioni e la poca perseveranza nella vita di fede ne sono un segnale inequivocabile e preoccupante, tocca anche la vita sociale: pensiamo a quante giovani coppie preferiscono la convivenza al matrimonio (anche solo civile) che è senz’altro meno impegnativa da molti punti di vista. Manca dunque, ma non solo ai giovani, quella “parresìa” che permette di “osare” di più. La G.E. dice che “abbiamo bisogno della spinta dello Spirito per non essere paralizzati dalla paura e dal calcolo, per non abituarci a camminare soltanto entro confini sicuri. Ricordiamoci che ciò che rimane chiuso alla fine ha odore di umidità e ci fa ammalare”. Sì, ci fa ammalare di una sindrome che si chiama abitudine, disimpegno, pigrizia mentale e spirituale. E allora bisogna ricorrere al Medico, a quello Spirito Santo che ha dato, agli Apostoli, la forza di uscire dal loro torpore. Continua, infatti, il testo: “Quando gli Apostoli provarono la tentazione di lasciarsi paralizzare dai timori e dai pericoli, si misero a pregare insieme chiedendo la parresia: «E ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di proclamare con tutta franchezza la tua parola» (At 4,29). E la risposta fu che «quand’ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza» (At 4,31). [133] Se noi, cristiani del Terzo Millennio, non permettiamo allo Spirito di agire nel nostro cuore e nella nostra mente, se ci chiudiamo entro i “confini sicuri” delle nostre chiese, delle nostre comunità, dei nostri gruppi o associazioni, come possiamo sperare di diventare luce del mondo e sale della terra? Anche alcuni personaggi biblici dell’Antico Testamento hanno subito la tentazione della rinuncia e il Papa cita il profeta Giona che vuole rinunciare alla propria missione preso dalla delusione, dallo sconforto e dalla paura. Dice: “Come il profeta Giona, sempre portiamo latente in noi la tentazione di fuggire in un luogo sicuro che può avere molti nomi: individualismo, spiritualismo, chiusura in piccoli mondi, dipendenza, sistemazione, ripetizione di schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme. Talvolta facciamo fatica ad uscire da un territorio che ci era conosciuto e a portata di mano”. Il Vangelo ha raggiunto i confini della terra ad opera di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di uscire da determinati schemi, di raccogliere le sfide del mondo lasciando che lo Spirito ridisegnasse la loro esistenza superando le inevitabili difficoltà. “Tuttavia,-continua Francesco papa-, le difficoltà possono essere come la tempesta, la balena, il verme che fece seccare il ricino di Giona, o il vento e il sole che gli scottarono la testa; e come fu per lui, possono avere la funzione di farci tornare a quel Dio che è tenerezza e che vuole condurci a un’itineranza costante e rinnovatrice”. [134] Non facciamoci dunque frenare dalla nostalgia del passato e dal timore del fututo. Lo Spirito di Dio sarà sempre con noi e guiderà i nostri passi.
Preghiamo
Spirito Santo di Dio, vieni nei nostri cuori, illumina le nostre menti, anima e dai vigore a tutto il nostro essere e facci Tuoi testimoni convinti e audaci. Amen
Ed oggi invochiamo lo Spirito Santo e…lasciamogli più spazio. Buona giornata,
PG&PGR