Carissimi,
oggi cominciamo una nuova sezione del quarto capitolo della “Gaudete et exsultate” dal titolo “Audacia e fervore” ed incontriamo un termine, sconosciuto ai più, PARRESIA. Ma che vòr di’? Non vi spaventate…E’ un termine derivante dal greco che, nel linguaggio della Chiesa indica, appunto, il fervore, l’audacia, il coraggio, l’entusiasmo della testimonianza cristiana. Questa parola che nell’antica Grecia indicava il poter parlare con libertà, diventa per noi sinonimo di santità. Dice infatti il nostro testo: “La santità è parresia: è audacia, è slancio evangelizzatore che lascia un segno in questo mondo. Perché ciò sia possibile, Gesù stesso ci viene incontro e ci ripete con serenità e fermezza: «Non abbiate paura» (Mc 6,50). «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20)”. Gli Apostoli, animati dallo Spirito Santo, abbandonano quello stato di paura che li spingeva a starsene nascosti nel Cenacolo e, ripensando a queste ultime parole di Gesù in procinto di ascendere al Padre, nel giorno di Pentecoste, escono allo scoperto. Continua, infatti, il Papa: “Queste parole ci permettono di camminare e servire con quell’atteggiamento pieno di coraggio che lo Spirito Santo suscitava negli Apostoli spingendoli ad annunciare Gesù Cristo”. Parresìa indica, dunque, anche la disponibilità che noi cristiani dovremmo dimostrare nell’annuncio delle opere di Dio. Aggiunge: “Audacia, entusiasmo, parlare con libertà, fervore apostolico, tutto questo è compreso nel vocabolo parresia, parola con cui la Bibbia esprime anche la libertà di un’esistenza che è aperta, perché si trova disponibile per Dio e per i fratelli (cfr At 4,29; 9,28; 28,31; 2Cor 3,12; Ef 3,12; Eb 3,6; 10,19). [129] In tutti i passi citati, che non sarebbe male rileggere con un po’ di tranquillità, è descritta la libertà, la franchezza e la freschezza dell’annuncio del Vangelo non solo da parte degli Apostoli, ma anche da parte della comunità attraverso la propria testimonianza che ai nostri giorni sembra essersi notevolmente affievolita. Quali le cause? Alcune di esse potremmo ricercarle dentro di noi e, al contempo, impegnarci a superarle. Papa Francesco, citando un suo predecessore, dice: “Il beato (ora Santo- n.d.r.) Paolo VI menzionava tra gli ostacoli dell’evangelizzazione proprio la carenza di parresia: «la mancanza di fervore, tanto più grave perché nasce dal di dentro»”. Nasce dunque nel cuore “addormentato” del credente, dalla mancanza, dalla mancanza di impegno, dalla pigrizia che ci impediscono, spesso, di fare qualche passo in avanti, ci frenano, ci fanno accontentare del nostro rapporto “privato” con Dio. Commenta il Pontefice: “Quante volte ci sentiamo strattonati per fermarci sulla comoda riva! Ma il Signore ci chiama a navigare al largo e a gettare le reti in acque più profonde (cfr Lc 5,4). Ci invita a spendere la nostra vita al suo servizio. Aggrappati a Lui abbiamo il coraggio di mettere tutti i nostri carismi al servizio degli altri. Potessimo sentirci spinti dal suo amore (cfr 2 Cor 5,14) e dire con san Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). [130] Dunque, non “fermiamoci sulla riva”, non restiamo nelle retrovie, non nascondiamoci tra le mura delle nostre chiese, facciamoci coraggio per gettare le reti e non lasciamoci scoraggiare dagli insuccessi. Diciamo insieme a Pietro: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5)”. E presero una quantità enorme di pesci.
Preghiamo
Signore facci ritrovare il coraggio delle prime comunità cristiane, facci uscire allo scoperto. Insegnaci a non essere timidi, timorosi, a non nasconderci e rinnova in noi il prodigi del Tuo Spirito. Amen.
Ed oggi…coraggio…andiamo a pesca! Buona giornata,
PG&PGR