Carissimi,
se l’agitazione, come abbiamo visto nel capitolo precedente, è spesso causa di malessere interiore, la “tristezza”, di cui ci parlerà Francesco di Sales in questo XII capitolo, non è da meno. Non parla tanto di quello stato d’animo, dal quale nessuno di noi è esente, riconducibile ad un particolare dolore per la perdita di qualcuno (o qualcosa) o ad un reale disagio reale particolarmente difficile, quanto di quella tristezza che, secondo la sua origine, può essere buona o cattiva. Riprendendo le parole di San Paolo “la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte (2 Co 7,10)”, afferma: “La tristezza può essere quindi buona o cattiva: dipende dagli effetti che produce”. Convinto più che mai di questo, afferma: “E’ certo che ne fa più di cattivi che di buoni, perché di fatto i buoni effetti sono soltanto due: la misericordia e la penitenza; quelli cattivi invece sono sei: l’angoscia, la pigrizia, lo sdegno, la gelosia, l’invidia, l’impazienza”, e a supporto cita il libro del Siracide (Cfr 30,33): “La tristezza ne uccide molti e non giova a nulla”. E sempre attingendo allo stesso testo e commentandolo, aggiunge: “Contro due soli rigagnoli buoni che zampillano, ce ne sono sei di cattivi!”. Tante volte ci è capitato di sottolineare che il maligno si serve di tante vie per sviarci dal bene, per farcelo perdere di vista, per confonderci o illuderci con le sue subdole astuzie. Francesco conferma: “Il nemico si serve della tristezza per portare le sue tentazioni contro i buoni; da un lato cerca di rendere allegri i peccatori nei loro peccati, e dall’altro cerca di rendere tristi i buoni nelle loro opere buone; e come non gli riuscirebbe di attrarre al male se non presentandolo in modo piacevole, così non potrebbe distogliere dal bene se non facendolo trovare sgradevole.”. E contrariamente al Signore che vuole offrirci sempre la sua stessa gioia (Cfr Gv 15,11), “il maligno gode nella tristezza e nella malinconia, perché lui è, e lo sarà per l’eternità, triste e malinconico; per cui vorrebbe che tutti fossero così!” Crediamo di poter aggiungere che tanto la tristezza quanto la gioia, però, debbono fare i conti con una retta coscienza che sola può darci la giusta misura: la gioia vera scaturisce dall’agire secondo Dio, quella falsa inganna l’animo di chi agisce fuori della Sua legge e di quella degli uomini; la tristezza buona dovuta alla “perdita” di un affetto e che si rammarica di non riuscire ad essere sempre come Dio ci vuole e quella cattiva che “turba l’anima, la mette in agitazione, le dà paure immotivate, genera disgusto per l’orazione, assopisce e opprime il cervello, priva l’anima di consiglio, di proposito, di senno, di coraggio e fiacca le forze. In conclusione, è come un duro inverno che cancella tutta la bellezza della terra e manda in letargo gli animali; infatti la tristezza toglie ogni bellezza all’anima e la rende quasi paralizzata e impotente in tutte le sue facoltà”; in breve ci allontana dall’amore di Dio, minaccia la nostra fede e indebolisce la nostra speranza.
Preghiamo
Signore fa’ di noi dei cristiani gioiosi, aperti, disponibili, felici di sentirci Tuoi figli. Non permettere che il nostro cuore si chiuda nella tristezza e ci impedisca di vedere il bene in tutte le Tue opere. Amen
E se oggi, per qualche motivo, si dovesse affacciare un po’ di tristezza, chiediamo con fiducia l’aiuto di Dio. Buona giornata,
PG&PGR